Saprei
identificare con precisione il momento in cui mi sono davvero sentito
povero. Quella consapevolezza silente si è trasformata in un dato di
fatto, materializzata in un batter d'occhio in un fatto inconfutabile.
Avevo
ricominciato a vivere da poco. La ia vita precedente, con cui faccio
ancora molta fatica a relazionarmi era ormai alle spalle. O almeno così
credevo. Una cesura netta, un solco temporale molto stretto che divide
due momenti dell'esistenza che non hanno nessun filo in comune emotivo.
Hanno dei luoghi, delle persone, dei ricordi ma due liveli emotivi che
mi sono rassegnato a definire inconciliabili.venerdì 28 luglio 2017
Ferro contro ferro. Quasi tutto ha un inizio.
sabato 31 ottobre 2015
giovedì 16 luglio 2015
Offeso
"Dillo pure che sei offeso
da chi distrugge un entusiasmo
da chi prende a calci un cane.."
Un caldo e maledetto luglio. Lungo, con speranze soffocate nel nascere. Entusiasmi distrutti che nascono e muoiono come neonati strozzati da un cordone ombelicale.
Non ci trovo nulla di male nel piangere. Sono solo gocce salate che si fondono con il sudore di questa maledetta afa di luglio.
Ritrovarsi a maledire la propria vita. Le angosce del passato che non esitano a scomparire. La voglia di ritrovarsi a prendere coraggio. Lo sguardo dell'amica anziana che da lontano ti protegge.
Nulla può consolare. Il sole tramonta comunque. E il giorno dopo è sempre più pallido e più afoso di quello precedente.
Non trovo la forza per confontarmi nemmeno con chi mi ha dato l'onere di vivere. Risorgere dalle ceneri, scriveva qualcuno. Come l'araba fenice. O rimanere storditi a guardare un soffitto che disprezzi.
Forse meglio sparire. Almeno per un po'.
"Quando vivere diventa un peso,
quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso
quando davanti al sole la mattina non sei più sorpreso"
da chi distrugge un entusiasmo
da chi prende a calci un cane.."
Un caldo e maledetto luglio. Lungo, con speranze soffocate nel nascere. Entusiasmi distrutti che nascono e muoiono come neonati strozzati da un cordone ombelicale.
Non ci trovo nulla di male nel piangere. Sono solo gocce salate che si fondono con il sudore di questa maledetta afa di luglio.
Ritrovarsi a maledire la propria vita. Le angosce del passato che non esitano a scomparire. La voglia di ritrovarsi a prendere coraggio. Lo sguardo dell'amica anziana che da lontano ti protegge.
Nulla può consolare. Il sole tramonta comunque. E il giorno dopo è sempre più pallido e più afoso di quello precedente.
Non trovo la forza per confontarmi nemmeno con chi mi ha dato l'onere di vivere. Risorgere dalle ceneri, scriveva qualcuno. Come l'araba fenice. O rimanere storditi a guardare un soffitto che disprezzi.
Forse meglio sparire. Almeno per un po'.
"Quando vivere diventa un peso,
quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso
quando davanti al sole la mattina non sei più sorpreso"
giovedì 9 aprile 2015
L'equatore
Non c'è niente di più brutto del dare per scontate le cose.
Soprattutto le più semplici.
Sentire i brividi addosso per il semplice fatto di
percepirsi negli anni 70 nel bel mezzo del 2015. In Ecuador. O per lo
meno così mi sembra. Io gli anni 70
in Italia non lo ho vissuti. Me li hanno raccontati; al
massimo li ho percepiti. Ma niente di più.
Poi ti si materializzano sotto gli occhi. Mentre fai la
guerra al fuso orario. E non solo a quello.
Fai la guerra contro te stesso. Ti chiedi che cosa ci fai
qui; e quando dici qui, non ti riferisci a Quito o all'Ecuador. Ti riferisci a
qui sulla terra.
Per dolorosa o meno che sia l'esperienza del viaggio e della
lontananza, una cosa mi ha inciso sulla pelle senza dubbio. Che viaggiare per
cercare se stessi o la chimera della gioia/felicità/serenità è nient'altro che
una emerita balla.
Se la cosiddetta gioia non riesci a trovarla nella stradina
del tuo quartiere, non la troverai né ai tropici, né nella metropoli affollata,
né nel bel mezzo delle Ande. Gelide, ti rimarranno a guardare e tu
impotente al massimo verserà qualche inutile e amara lacrima.
Non fate altro che dirmi di godermi la vita e di prendere
tutto alla leggera. Lo farei volentieri. Prima però temo di dover morire
un'altra volta.giovedì 5 marzo 2015
Il bianco del soffitto
Fa ancora freddo e tutto si confonde.
Il lato oscuro delle cose. Duro da scalfire.
Dentro solo confusione amara.
Doloroso come strappare una foglia dalla base.
Farle presentire la terra, ritrovarsi adagiata sul cemento.
Il lato oscuro delle cose. Duro da scalfire.
Dentro solo confusione amara.
Doloroso come strappare una foglia dalla base.
Farle presentire la terra, ritrovarsi adagiata sul cemento.
giovedì 7 agosto 2014
Momenti che non dimentichi: Bali, Australia (Melbourne)
Momenti che non dimentichi in Australia
Svegliarti la mattina rendendoti conto che sei dall'altra parte del mondo per via di versi degli uccelli che mai hai sentito prima
Passeggiare sulla spiaggia di St. kilda e vedere che su un lampione sono appoggiati 3 grossi pappagalli rossi
Andare alla cerimonia di apertura di una mostra sull'inizio dell'attivismo lgbt in Australia insieme a uno dei soggetti fotografati
Trovare a fianco della mostra di cui sopra, un'altra mostra i cui soggetti sono meravigliosi ulivi secolari pugliesi.
Vedere la testa di un wallaby spuntare fra la vegetazione mentre sei intento a passeggiare su un sentiero che porta al Lago dei Cigni di Phillip Island
********
Momenti che non dimentichi a Bali
Ritrovarsi fermi per oltre un'ora sotto la tettoia di un ristorante chiuso a Ubud insieme a tre balinesi che non parlano una parola di inglese, mentre imperversa un acquazzone
Farsi sfilare tre volte dalle braccia una borsa di tela dalle scimmie nel tempio sacro delle scimmie di Ubud
Andare a fare shopping l'ultimo giorno a Ubud e comprare tanti oggetti tipici per quel luogo. Rimanere nel negozio fino alla chiusura a contrattare i prezzi e vedersi offrire un passaggio in motorino per le tortuose strade di Ubud, di notte, dalla commessa. Chiaramente senza casco
Bere un cocktail di anguria, zenzero e mango davanti alle risaie con vista sulla giungla accompagnato dal solo gracidare delle rane e dal chiacchiericcio in balinese
********
Consigli non scritti nelle guide turistiche
Se vuoi andare in bicicletta a Ubud, devi avere un minimo di prestanza. E nonostante ciò sarai costretto in alcuni punti a scendere dalla bici per via della pendenza estrema.
Mai portare oggetti appariscenti o borse di tela (nemmeno bottiglie di plastica) quando vai a visitare la foresta sacra delle scimmie a Ubud.
Non avere mai visto una donna incinta per strada. Eppure a Bali ci sono moltissimi bambini, i contraccettivi non si trovano e mi hanno detto che gli orfanotrofi sono purtroppo affollati.
Svegliarti la mattina rendendoti conto che sei dall'altra parte del mondo per via di versi degli uccelli che mai hai sentito prima
Passeggiare sulla spiaggia di St. kilda e vedere che su un lampione sono appoggiati 3 grossi pappagalli rossi
Andare alla cerimonia di apertura di una mostra sull'inizio dell'attivismo lgbt in Australia insieme a uno dei soggetti fotografati
Trovare a fianco della mostra di cui sopra, un'altra mostra i cui soggetti sono meravigliosi ulivi secolari pugliesi.
Vedere la testa di un wallaby spuntare fra la vegetazione mentre sei intento a passeggiare su un sentiero che porta al Lago dei Cigni di Phillip Island
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Momenti che non dimentichi a Bali
Ritrovarsi fermi per oltre un'ora sotto la tettoia di un ristorante chiuso a Ubud insieme a tre balinesi che non parlano una parola di inglese, mentre imperversa un acquazzone
Farsi sfilare tre volte dalle braccia una borsa di tela dalle scimmie nel tempio sacro delle scimmie di Ubud
Andare a fare shopping l'ultimo giorno a Ubud e comprare tanti oggetti tipici per quel luogo. Rimanere nel negozio fino alla chiusura a contrattare i prezzi e vedersi offrire un passaggio in motorino per le tortuose strade di Ubud, di notte, dalla commessa. Chiaramente senza casco
Bere un cocktail di anguria, zenzero e mango davanti alle risaie con vista sulla giungla accompagnato dal solo gracidare delle rane e dal chiacchiericcio in balinese
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Consigli non scritti nelle guide turistiche
Se vuoi andare in bicicletta a Ubud, devi avere un minimo di prestanza. E nonostante ciò sarai costretto in alcuni punti a scendere dalla bici per via della pendenza estrema.
Mai portare oggetti appariscenti o borse di tela (nemmeno bottiglie di plastica) quando vai a visitare la foresta sacra delle scimmie a Ubud.
Non avere mai visto una donna incinta per strada. Eppure a Bali ci sono moltissimi bambini, i contraccettivi non si trovano e mi hanno detto che gli orfanotrofi sono purtroppo affollati.
giovedì 31 luglio 2014
Puputan
Un puputan, la cosa più straordinaria di cui ho letto sulla storia di Bali. Un evento incredibile su cui mi pare sia stato scritto poco, almeno nelle lingue occidentali che conosco. Ho fatto diverse ricerche su internet, ma forse se ne scrive poco per la vergogna che noi occidentali dovremmo provare.
Ecco i fatti. 1906, gli olandesi decidono di inferire il loro ultimo colpo mortale a questo paradiso chiamato Bali, tentando di conquistare anche la parte rimanente dell'isola, il sud, che fino a quel momento non erano ancora riusciti a sottomettere.
Avrebbero però incontrato una resistenza straordinaria in questo ultimo atto. Una resistenza unica e irripetibile, tragica e gloriosa, incredibilmente crudele e coraggiosa allo stesso tempo.
I reali balinesi, una volta capito che sarebbe arrivata la loro fine, si preparano all'evento assieme a un altro migliaio di isolani. Si rinchiudono nel palazzo, preparano i loro abiti più sfarzosi, tirano fuori i loro gioielli più preziosi. Si preparano alla più somma cerimonia. Quando sentirono che il nemico era alle porte, uscirono dal palazzo reale e gli diedero fuoco, distruggendolo interamente. Lo consegnarono alle fiamme e alla cenere piuttosto che darlo in mano al loro nemico. Armati solo di qualche lancia e pochi altri strumenti bellici si avviano in una processione maestosa, colorata, quasi gioiosa.
Una volta di fronte al nemico, si fermano. Gli olandesi li implorano di arrendersi, ma così non sarebbe stato. Non avrebbe potuto essere. Ricevuti i primi colpi di fuoco dagli olandesi, cominciano ad uccidersi fra loro, per poi lasciarsi sterminare. Ma l'atto più coraggioso lo compirono le donne. In prima linea, cominciarono a strapparsi i gioielli che indossavano e a lanciarli in modo sprezzante verso il nemico.
Un popolo così pacifico, che già aveva subito il confino su quest'isola per via dell'invasione musulmana, non poteva che lasciarsi distruggere che così.
Fu così che Bali divento un altro piccolo, insignificante pezzo delle Indie Olandesi Orientali.
Un puputan, ecco quello che ci vorrebbe anche nella mia vita. E in parte così e' già stato. Hanno combattuto una guerra contro le mie passioni più forti, i miei sentimenti più profondi. Si sono lanciati in un'opera di distruzione, senza nemmeno tentare la nobile arma del dialogo. D'altronde, cos'altro avrebbero potuto fare questi oppositori.
Io però sento di essermi comportato proprio come questi gloriosi balinesi: mentre i vigliacchi e le vigliacche sferravano i loro ultimi colpi, io ho scagliato loro i miei migliori gioielli. La verità e' che non sono stato ucciso. Sono loro che credono di aver conquistato un altro piccolo pezzo di Indie orientali. Quanta povera, gretta, misera illusione.
Ecco i fatti. 1906, gli olandesi decidono di inferire il loro ultimo colpo mortale a questo paradiso chiamato Bali, tentando di conquistare anche la parte rimanente dell'isola, il sud, che fino a quel momento non erano ancora riusciti a sottomettere.
Avrebbero però incontrato una resistenza straordinaria in questo ultimo atto. Una resistenza unica e irripetibile, tragica e gloriosa, incredibilmente crudele e coraggiosa allo stesso tempo.
I reali balinesi, una volta capito che sarebbe arrivata la loro fine, si preparano all'evento assieme a un altro migliaio di isolani. Si rinchiudono nel palazzo, preparano i loro abiti più sfarzosi, tirano fuori i loro gioielli più preziosi. Si preparano alla più somma cerimonia. Quando sentirono che il nemico era alle porte, uscirono dal palazzo reale e gli diedero fuoco, distruggendolo interamente. Lo consegnarono alle fiamme e alla cenere piuttosto che darlo in mano al loro nemico. Armati solo di qualche lancia e pochi altri strumenti bellici si avviano in una processione maestosa, colorata, quasi gioiosa.
Una volta di fronte al nemico, si fermano. Gli olandesi li implorano di arrendersi, ma così non sarebbe stato. Non avrebbe potuto essere. Ricevuti i primi colpi di fuoco dagli olandesi, cominciano ad uccidersi fra loro, per poi lasciarsi sterminare. Ma l'atto più coraggioso lo compirono le donne. In prima linea, cominciarono a strapparsi i gioielli che indossavano e a lanciarli in modo sprezzante verso il nemico.
Un popolo così pacifico, che già aveva subito il confino su quest'isola per via dell'invasione musulmana, non poteva che lasciarsi distruggere che così.
Fu così che Bali divento un altro piccolo, insignificante pezzo delle Indie Olandesi Orientali.
Un puputan, ecco quello che ci vorrebbe anche nella mia vita. E in parte così e' già stato. Hanno combattuto una guerra contro le mie passioni più forti, i miei sentimenti più profondi. Si sono lanciati in un'opera di distruzione, senza nemmeno tentare la nobile arma del dialogo. D'altronde, cos'altro avrebbero potuto fare questi oppositori.
Io però sento di essermi comportato proprio come questi gloriosi balinesi: mentre i vigliacchi e le vigliacche sferravano i loro ultimi colpi, io ho scagliato loro i miei migliori gioielli. La verità e' che non sono stato ucciso. Sono loro che credono di aver conquistato un altro piccolo pezzo di Indie orientali. Quanta povera, gretta, misera illusione.
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