mercoledì 6 luglio 2011

Sono altro da questo

Io sono altro da questo.

E ormai sarebbe persino inutile discutere di questa cosa con me stesso o con altri.
Io sono quello che starebbe chiuso in casa a guardare per un'ora un ideogramma cinese particolarmente complesso. A non capirne forse l'ordine dei tratti, ma non rassegnadosi, imperterrito continua a cercarne la trama.

Io sono quello che starebbe per ore a guardare un film noioso come quello che racconta della ragazza sorda, sfuggita alla pulizia etnica in Serbia che va a fare da infermiera a un operaio ferito dopo un'esplosione su una piattaforma petrolifera e che nel raccontare gli orrori del passato rivive il momento in cui i soldati, dopo averla stuprata, le ricucirono le ferite con del sale dentro.

Io non sono una persona gioviale. Mi fregio del mio pessimismo. Sono anche intimamente asociale. Quando sanno che sono calabrese, pensano tutti a una spiaggia, ma non sanno che sono crescito fra i pini e la neve: il gelo mi ha cullato. Per sopravvivere mi sono costruito un'impalcatura di socialità attorno. Rimango inebetito di fronte alla mia capacità di essere altro da me stesso.

Io sono quello che potrebbe rimuginare per ore nel buio del giorno del suo appartamento a pianterreno sulla tristezza delle persone scomparse e impassibile continuare a guardare un mazzo di fiori lentamente decomporsi dentro al vaso.
Sono altro da quello che sono e temo che questo mio alter ego stia per rivoltarsi contro me stesso.

Violentemente e irreparabilmente.

lunedì 4 luglio 2011

Kennst du das Land....


Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn,
Im dunklen Laub die Goldorangen glühn,
Ein sanfter Wind vom blauen Himmel weht,
Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht,
Kennst du es wohl?
Dahin! Dahin
Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn!


J.W. Goethe

La Sehnsucht romantica, la nostalgia verso le terre riarse e decadenti del meridione italiano, dell'isola più grande e più agognata del Mediterraneo è raccolta in pochi versi dal poeta tedesco, restituendone con potere la forza espressiva ed evocativa.
C'è un unico ed inconfondibile accordo sinestesico che lega il sapore delle sarde a beccafico(1) e l'accordo cromatico delle tessere dei mosaici della Cappella Palatina di Palermo. Guardando quei colori, quelle immagini così rigorosamente accostante, il soffitto a cassettoni che sembra fatto di pasta di mandorle si sente in bocca il sapore del mare, delle sarde e dei fichi. Il colore dorato delle tessere di mosaico che ricorda il sole della terra di Sicilia si confonde con gli odori dolciastri di datteri che marciscono in terra a Piazza della Vittoria e di aromi che profumano cassate e cannoli.

E' difficile raccontare un viaggio, perché è sempre un'esperienza multidimensionale che costringe il visitatore in più dimensioni contemporaneamente, tutte molto difficili da rendere attraverso la scrittura. E forse in questo caso il segreto sta proprio nella sinestesia: quella sensazione tanto cara ai poeti maledetti che indica una sovrapposizione percettiva in cui diversi sensi tendono a confondersi e mescolarsi.
Una sinestesia di sensi che è cominciata dal Grand Hotel et des Palmes (2). Un'antica casa baronale trasformata in albergo, con una hall grandiosa ornata da statue neoclassiche. Il bello, che stupisce e confonde. La storia, i grandi personaggi del passato e le piccole storie di oggi che convivono e sopravvivono in quelle mura.
La colazione nella fastosa Sala degli Specchi dell'hotel, un salone da ballo in cui si sente ancora il frusciare delle grosse e larghe vesti delle dame dell'ottocento e il fruscio di ventagli per combattere la gran calura. La musica dell'orchestrina che suona i valzer nel fondo della sala è sostituita dal tintinnio delle stoviglie degli ospiti del terzo millennio che consumano colazioni al mattino.
"Entrare in questa sala in T-shirt è quasi una profanazione" ha detto molto intelligentemente S. l'ultima mattina di soggiorno. Una profanazione “profonda”, ma piena di senso e significato. L'unico modo per uscire da questo rompicapo, è pensare a Wagner che in un suo soggiorno proprio fra quelle mura ha ben pensato di comporvi il Parsifal (3), o parte di esso; un’opera che Marinetti considerò simbolo della decadenza della cultura occidentale. Quale posto migliore per ispirarsi... e per pensare alla decadenza dei nostri costumi, in senso largo e stretto.

Palermo è una città di contraddizioni, di chiazze di inconfondibile bellezza e di profondo squallore. Rappresentazione cupa dell'Italia a due velocità, del tanto millantato federalismo: del sangue versato proprio in quella terra da chi l'Italia l'ha fatta e da chi oggi la saccheggia sostituendo le fonti battesimali con ampolle di acqua sacra di un qualche fiume senza referenze storiche.
I secoli e le culture lottano e si sovrappongono a San Giovanni degli Eremiti; nel chiostro si respirano gli odori delle piante nord-africane, del quotidiano arabo e ci si sente abbracciati e rassicurati dal chiostro e dalle sue colonne cristiane.
La chiazza barocchissima, opulenta anche se talvolta diroccata al di qua della Porta Nuova, con una cattedrale tirata a lucido e una via Vittorio Emanuele che porta verso i palazzi cinquecenteschi che la circondano; e la chiazza della povertà e del degrado al di là della Porta, verso il convento dei Cappuccini. Un regno moderno fatto di immondizia e lerciume di ogni genere con edifici cadenti e devastati. Uno squarcio nelle mura che fiancheggiano Via dei Cappuccini dietro l’Albergo delle Povere mi ha aperto un mondo a me molto noto, ma che avevo accantonato: la povertà fisica, spirituale e materiale delle periferie. Le periferie delle città, del meridione, del mondo. La rovina dei corpi appesi dei frati cappuccini si ripercuote nella marcescenza delle strade adiacenti, ferendo il senso del vivere in modo violento con l’ostentazione della morte e della decomposizione.

Ma per capire davvero Palermo c'è a mio avviso solo uno stratagemma. Andare a messa la domenica mattina, o per lo meno visitare le chiese durante questi riti misterici sopravvissuti nei secoli. Nella Chiesa di San Salvatore in Via Vittorio Emanuele, la Palermo bene che veste abiti di alta moda si lascia abbindolare dalla maestria (apparente) del loquace e pingue prete dagli abiti sfavillanti che sciorina scienza e dottrina da un palco posto ad altezza viso degli astanti, proteso verso le orecchie (e le tasche) dei fedeli (fedeli a chi, a che cosa?). Una platea silenziossissima e gremitissima.
Poco più avanti, nella fastosissima Chiesa di San Giuseppe dei Teatini, un prete dal chiarissimo accento sudamericano, un prete di importazione per sopperire alla terribile e sottaciuta crisi di vocazioni che affligge il decadente clero italiano, recita una messa a pochi sparuti e informalissimi fedeli.
Il prete rockstar, coi capelli lunghi e spettinati, il Che della diocesi alternativa ci è piaciuto molto. E ci ha permesso di capirci meglio in questa esperienza etnografica: Palermo è una città cattolicissima, ma a due dimensioni.

E grazie alla (leggi anche: per disgrazia della) globalizzazione e scomposizione disordinata delle classi sociali, il Grand Tour del terzo millennio con expedia.it oggi costa circa 217 euro (volo (4) e alloggio).



1. Le abbiamo mangiate all’Antica Focacceria S. Francesco. Merita una visita e molte scorpacciate.
Via Alessandro Paternostro, 58 90133 Palermo tel. 091 320264
http://www.sito3d.it/anticafocacceria/

2. Grand Hotel et Des Palmes
Via Roma, 398 90139 Palermo, Italy
TEL. +39 091 60 28 111

3. "Parsifal è l'ultimo dramma di Richard Wagner, andato in scena il 26 luglio 1882 a Bayreuth, ma rappresentato per la prima volta nei teatri europei solo a partire dal 1914. Dopo una gestazione lunga alcuni decenni, l'opera fu composta tra il 1877 e il 1882." Da Wikipedia.

4. Evitate la compagnia Blu-express come fosse la peste bubbonica o la spagnola dell’800. Sono il peggio, del peggio, del peggio. Il loro slogan non dovrebbe essere “Pay less. Fly blu”, bensì “Pay less. Fly in a blu”!