mercoledì 29 aprile 2009

Incompleto


Seduti a piazza Esedra, aspettando quello che non arriverà mai, non si può che fare qualche riflessione sulla propria vita, tentando invano di tirare qualche stupida somma. Inutile esercizio. Salvo fare incontri strani, mostri che riemergono dal passato.

E intanto osservo il mondo che va avanti, terrorizzato. Odio le giornate di sole in questo periodo. Quando piove posso andare in giro senza ombrello e farmi sommergere dalla pioggia che si mescola così con le lacrime e impedisce agli altri di partecipare al mio dolore.
L'unica certezza è che sempre mi sentirò incompleto, sempre sentirò la mancanza di qualcosa, proprio come mi urla A. nelle cuffiette mentre i miei occhiali scuri mi proteggono dal mondo.

"Un giorno troverò sollievo
mi sentirò realizzato
e sarò un amico per i miei amici che sanno come essere amici
Un giorno sarò in pace con me
sarò illuminato e sposato con bambini, o forse li adotterò
Un giorno sarò guarito
e raccoglierò le ferite per scrivere la fine di questa tragica commedia.

Ho corso e sudato tanto nella mia vita
alla ricerca forsennata di un traguardo
e mai ho capito in tutto questo tempo
l'estasi di essere sempre incompleto."

domenica 26 aprile 2009

Liberazione (o, se preferite, La Gerusalemme Liberata)


Il 25 aprile è stata sempre un festa un po' così per me. Quella di ieri però è stata un pugno allo stomaco.
Mia nonna è stata un personaggio, oltre che importantissimo per la mia vita, un po' stravagante e sicuramente interessante. Donna meridionale, forte non ha mai vauto paura di niente e di nessuno. Durante la guerra ha fatto la partigiana e ce l'aveva a morte con i fascisti. Anche perché, da comunista, non se la deve essere passata bene in quegli anni da sola mentre mio nonno combatteva sul fronte e lei doveva vedersela con 4 figli piccoli.
La mattina, mettendo un po' a posto questa stanza che conserva dieci e più anni di ricordi, mi è caduto l'occhio su un quadretto che contiene una poesia della mia nonnina. Me la scrisse quando partii per Roma, su un foglio di carta per le scuole elementari con una penna verde. L'ultima frase dice: "Vi penso sempre". Si riferiva a me e a mia sorella che eravamo andati via lontano da lei, dalla nostra famiglia.
Basta poco per scatenare le lacrime in questo periodo. Mi sono preparato e sono uscito, come tento di fare ogni anno, per andare a commemorare la Liberazione a Porta San Paolo alla Piramide. I miei occhiali nero scuro mi sono stati indispensabili. Continuare a sorridere mentre dentro hai le fiamme dell'inferno che ti devastano non è facile.
Prima di uscire, non bastasse lo sconquasso che già avevo dentro, un'altra frasetta lasciata scritta ad memoriam mi accompagna nel mio viaggio verso la Liberazione.
"Io ferisco le persone, io sono una vera bomba ad orologeria. Se avessi le palle consiglierei a tutti quelli che mi vogliono bene di starmi lontano, perché sono pericoloso."
Liberati subito, Salvatore. Adesso che puoi. Buona Liberazione.

venerdì 24 aprile 2009

al buio


E' incredibile come le circostanze esterne sembrino a volte rispondere per uno strano caso a ciò che proviamo nell'intimo.
Ieri è stata propria una giornata buia. In tutti i sensi.
Sono tornato a casa nella serata e c'era un'aria strana in giro. Tutto buio e spento. Il portone del palazzo spalancato e l'ascensore completamente spento. Va bene. Sono stanco ma posso ancora affrontare quattro piani di scale a piedi. Svelato l'arcano: manca l'elettricità dalle 1330 circa ed è sera. Comicincia a fare buio e un temporale imperversa su Roma. Sembrava un po' una scena da castello di Dracula con annesso cimitero. Si accendono candele ovunque e i lampi rischiarano per alcuni istanti a giorno l'appartamento.
Bisogna trovare un rimedio a questo buio e allora cedo alla tentazione di mandare un sms che non dovrei mandare e di bere insieme a M. un'intera bottiglia di vino. Così, per dimenticare.
Internet non c'è. La doccia non si può fare. Le otto camicie da stirare rimangono a impolverarsi sulla poltrona. Il frigo pian piano si scioglie. I cellulari si scaricano.
Tutta la notte, la trivella degli operai che tentano di rimediare al guasto va avanti a martellare l'asfalto proprio sotto il palazzo. Mi sveglio più e più volte. Tanto in questo periodo dormo poco, ma il rumore è davvero infernale. Comincio a recitare messe fra le candele, mi riaddormento.
O almeno ci provo. Mi ficco i tappi nelle orecchie. E quando mi sveglio è come se nulla fosse cambiato.
L'elettricità non c'è ancora. Poco male, c'è il chiarore del sole. Io sono sempre io, come la sera prima, con un forte mal di testa, rassegnato a non poter fare la doccia e sono pronto a un'altra giornata che intanto si spalanca davanti a me.

Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e sportelli abbassati. È l'ora. Forse
gli automi hanno ragione. Come appaiono
dai corridoi, murati!
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
- Presti anche tu alla fioca
litania del tuo rapido quest'orrida
e fedele cadenza di carioca? -

mercoledì 22 aprile 2009

the memory of trees


Enya è proprio un genio. La riascolto molto in questi giorni e mi fa ritornare in mente periodi della mia vita lontani.
Nel CD che preferisco "Paint the sky with stars", c'è sicuramente un pezzo che mi fa pensare molto e mi fa ritornare indietro a ricordi che ho accantonato e riposto in qualche angolo del mio cervello. Il pezzo in questione è quello che da' il titolo a questo post: I ricordi degli alberi.

La casa di montagna dei miei nonni è sicuramente il posto che ha lasciato una traccia molto profonda nei miei ricordi di bambino. Un posto sperduto nel nulla, dove la sera si andava a fare una camminata lungo la strada rischiarata dal solo chiarore della luna. E quando la luna non c'era, si tentava di seguire la linea bianca che suddivideva in due metà precise la strada del villaggio.

Ogni tanto, quando ne ho la possibilità, vado a fare una camminata nel bel mezzo del bosco. Da solo. Pinete enormi e desolate, dense di misteri. E di ricordi. Proprio come dice Enya nel suo pezzo.
Quanta gente è passata da quei luoghi... quanti sorrisi, quante storie, quanta sofferenza, quanto dolore, quanto sudore e quanta sofferenza. Stanno tutti là, nei tronchi e nelle cortecce di quei pini che, da umili spettatori, hanno immagazzinato tutto dentro. E il loro momento catartico arriva proprio quando qualcuno come me ci passa accanto e loro hanno la possibilità di scaricare tutta la loro magia. Un turbinio di emozioni che mi trascinano in un vortice senza fine. Ascolto le loro voci, a volte minacciose, ma in fondo sempre rassicuranti. Mi parlano e io ascolto la loro voce, rimasta sepolta per giorni sotto una fitta coltre di neve che poi si sprigiona in tutta la sua forza e parla al mio animo.
Mi inoltro fino in fondo e arrivo in un punto dove si apre una radura su una specie di collinetta, dove giacciono alcuni massi. Mi stendo su una di quelle pietre e, gli occhi rivolti al cielo terso, ascolto queste voci misteriose che si inseguono. Dove volete trascinarmi? Io le inseguo e loro sussurrano e sento un fremito che percorre tutto il corpo. Emozioni rimaste sepolte per anni, che emergono provocando ferite nuove e chiudendone altre. Una gioia immensa mi attraversa mentre le pinete sono scosse dai fremiti del vento e qualche animale mi scruta incuriosito. Io mi lascio semplicemente sprofondare in questo tutto, che è pieno come il nulla.
Un mistero enorme mi avvolge, poi riapro gli occhi dopo un momento di stupore e mi rendo conto che la natura lotta, combatte, freme e si dimena nell'andare della stagione. Fiori di anice lottano per sprigionare i propri frutti.
E alla fine mi rendo conto che ci sono, sempre io, sempre là.

martedì 21 aprile 2009

"be your best friend"


E' difficile imparare certe lezioni e questa è stata una delle più dure da persino cominciare a fare entrare nel pieno del suo significato nell'anticamera del mio cervello.
Il viaggio a Los Angeles che ho fatto a Marzo è stata sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita, una di quelle che ti lasciano il segno. La sorpresa e il piacere di questa esperienza non è tanto derivata dalla conferenza, dalla California o da altro, bensì dall'aver scoperto una serie di familiari incredibili dall'altra parte del mondo.
Il fratello di mio nonno a meno di 18 anni decise di emigrare dalla Calabria per andare in West Virginia. L'unico momento in cui si incontrarono dopo la sua partenza fu quando dopo la seconda guerra mondiale fu deportato negli USA dagli americani e dopo 30 ore di treno trovò suo fratello. Da allora Carmine, fratello di mio nonnno, non è voluto più tornare in Italia. La figlia maggiore poi si trasferì col marito in California e da là gran parte della famiglia si spostò nello stato assolato e di cui tutti abbiamo almeno una volta fantasticato.
Sono una compagine molto varia, colorata, varia. Il personaggio più eclettico è sicuramente questa cugina in primo grado di mio padre Sarah. Quando l'ho vista per la prima volta, donna bassina settantenne, quasi qualunque, ho subito pensato che dovesse essere un po' leggera di cervello. Una che urla, ride, salta e fa le feste abbracciandomi come una matta appena mi vede e dall'uscio grida "Looks like a Marra!!!! We'll keep you!!".... beh quanto meno bizzarra la donna!
Bene ho pensato: questa qui deve avere fatto la vita più bella che uno può immaginare. Sempre gioviale, allegra, sempre col sorrise che stoppa le conversazioni altrui quando si parla di cose brutte... Fin quando...
Una sera mi ha ospitato nella sua casa e mi ha raccontato la sua esperienza di vita: marito morto soffocato in miniera a 29 anni, figlio morto a meno di 40 anni di un tumore, nipote disabile di cui si prende cura e tante altre cose orrende che non voglio ripetere.

Qualche giorno dopo Donna, la mia cugina preferita, anche lei sempre sorridente e gioviale, sempre di buonumore e decisamente "happy-go-lucky" mi ha visto sofferente. Non erano giorni belli, quelli. Per niente. Giorni neri, costellati da una tristezza assoluta e da un dolore al petto indescrivibile.
Lei mi ha guardato e mi ha chiesto se ci fosse qualche problema. Io molto vago ho detto che ero un po' sofferente e lei di rimando mi ha detto: "Non essere triste e ricorda in ogni momento della tua vita: "Be your best friend", sii il tuo migliore amico."

Quattro paroline da nulla che ancora oggi mi pesano come un macigno davanti gli occhi ogni minuto che vivo.

lunedì 20 aprile 2009

l'insostenibile leggerezza del... buttare


Io non riesco proprio a capire come la gente possa essere così leggera nel prendere le cose, usarle, accantonarle piano piano e poi farle finire nella pattumiera. Non mi posso rassegnare a questa società nichilista e profondamente consumistica.
Persino negli affetti succede questa cosa. E il senso della solidarietà?

Ho parecchie paia di scarpe, non molte. Io sono sicuramente un po' strano, ma non riesco a buttare nemmeno quelle più consunte. Forse perché niente meglio delle scarpe descrive le passioni e le stanchezze che viviamo ogni giorno.

Eppure la gente riesce a buttare la gente in una pattumiera da un giorno all'altro senza nessun tipo di remora e senza neanche guardarsi indietro per vedere se è finita stritolata nella pressa del camion della spazzatura. Io non me ne riesco a fare una ragione. E io non riesco nemmeno a buttare un paio di scarpe logore.

Il senso della solidarietà reciproca, anche negli affetti più intimi, sembra ormai appartenere a una società altra che io non ho la possibilità di vivere. Questa società costellata da individui tali mi intristisce, mi opprime, mi addolora e fa sprofondare in un senso di impotenza e di incomprensione del tutto. Ogni cosa perde senso. Perché mai struggersi quando hai la consapevolezza della possibilità dell'essere cestinato al primo cassonetto? Perché combattere quando sai che tanto sei da solo a farlo e che mai nessuno ti seguirà, anzi sarà pronto a deriderti nel momento in cui lo fai?

Mi dispiace, mondo, ma io non riesco a essere diverso e con tutti i miei difetti continuerò a essere quello che sono, consapevole che ci sarà sempre qualcuno pronto a fare la raccolta differenziata e quanto meno a gettarmi in uno di quei cassonetti dove posso essere riciclato.

domenica 19 aprile 2009

l'epoca delle passioni tristi

Le cose bisogna saperle tenere quando ce le abbiamo. Una volta che non ci sono più è troppo tardi. Spinoza ha creato questo termine e in quest'ultimo periodo non c'è nessuna definizione che mi accompagni meglio di questa in questo periodo della mia vita. Le nostre passioni, di ogni tipo, sentimentali, personali, culturali, politiche sono destinate a essere tristi e a essere pervase da un senso di perdita di senso e di criticità.
Bisogna andare alla ricerca delle ragioni ch ecostringono le nostre passioni a essere tristi e affrontarle. Il libriccino di Benasayag mi sta aiutando molto a combattere questo demonio che si è insidiato nel mio corpo, anche se una serie di circostanze esterne stanno facendo il meglio per trascinarmi nel profondo della disperazione che queste passioni tristi portano con sè.
Vedremo se il futuro, il tempo, il presente riuscirano ad aiutarmi a combattere contro questa forza distruttiva demoniaca che vuole ridurre tutto in una poltiglia nichilista.

sabato 18 aprile 2009

il mio blog


preferisco chiamarlo uno spazio aperto. Dato che mi sento sempre più incompreso e forse anche più incapace di comunicare ho deciso di cominciare a pubblicare e rendere noti agli altri i miei pensieri fissandoli su uno schermo. Io odio facebook e tutte queste comunità virtuali, perché a mio avviso non fanno altro che intristire ancor di più e svuotare di significato le "passioni tristi" che viviamo. Questo è invece un posto dove qualcuno deve venire appositamente a trovarmi e venire a leggere quello che ho da dire al mondo. Basta vedere l'uso terribile che facebook fa della parola amico. Ne farò un post apposito in cui dirò quello che penso di questa cosa. Per ora mi limito a dire che lascio volentieri ad altri, che non so cosa pensano dell'amicizia, di fare la corsa a ricercare più amici possibili nella rete e permettersi di andare in giro a dire tronfi: "HO XXXX mila amici". Beati loro! Io seguo la Loredana: "io di amici non ne ho".

Almeno qui nella comunità online. Poi certo nella vita ce li ho e meno male. Sono veri amici, vicini sempre in ogni situazione. Gli amici alla facebook, se li tenga chi li vuole. Io preferisco le cose vere e lascio le sovrastrutture a chi se le crea crogiolandocisi e usandole come decespugliatore per fare attorno un cimitero di steli morti che una volta portavano fiori.