sabato 24 aprile 2010

Problemi di "cuore"

Sono uno facile da lasciare,
ancor più facile da dimenticare.

Sono troppo stancante per essere amato,
un elemento chimico volatile.


Il mio cuore è debole, lo è sempre stato. Vulnerabile agli attacchi esterni. Adesso è tempo di prendermene cura, altrimenti potrebbe decidere di non essere più adeguato a farmi compagnia con il suo deciso battito nei prossimi anni della mia vita.
Tutti mi ricordano che non è nel cuore che risiedono le emozioni legate ai sentimenti e, in particolare, all'amore. Ho sempre avuto qualche dubbio, ho sempre preferito mettere in discussione il ruolo del cervello, per preferirne uno più tribale del cuore.
Mi piace ascoltarlo quando nelle sue frequenti tachicardie si ribella contro il mio modo di vivere, contro la mia scarsa capacità di isolamento dal male esterno, contro il mio essere un inetto navigatore in acque agitate.
Questo finché non ha cominciato a capitare troppo spesso. In fondo, basta fare un po' di analisi per capire cosa c'è che non va. Magari. Le analisi ti dicono appunto solo cosa c'è che non va. Di lì a trovare la terapia...
Sono malato di cuore: il mio cuore è malato. Almeno adesso ho una certezza dalla quale partire e grazie alla quale posso approfondire quali sono le cose che non vanno.
Anche se sono un po' scoraggiato. In fondo non è una cosa nuova, ci convivo da parecchio tempo. Si tratta forse solo di avere pazienza e prima o poi la via d'uscita da questo labirinto labirintico la troverò.
Per ora mi devo prendere cura del cuore. Comincio da quello fisico, con la convinzione che arriverò anche a quell'altro.
Un giorno.

domenica 4 aprile 2010

Resurrezioni


Come si può conciliare la vista di un cortile interno della periferia storica romana con uno sguardo mozzafiato sui monti?
Come si possono mettere insieme le giornate di un bambino che corre e osserva la natura rifiorire con le corse affannate attraverso lo smog metropolitano?
Riconciliare per riconciliarsi è un percorso lento e faticoso. Infinito. Non conosco sosta e mi consumo nel procedere in questo percorso accidentato. Non mi riesce proprio.
Gli inutili tentativi mi riportano sempre con un secco e amaro tonfo verso l'amara realtà. Non è possibile conciliare quello che sono ora con quello che sono stato fino a dieci anni fa.
Dove non ci può essere riconciliazione, c'è una cesura netta e una rinascita. Una resurrezione.
Io credo nelle resurrezioni: se volete, ve ne racconto una. Se mi conoscete, guardatemi con questi occhi e scoprirete che questa storia la conoscete già, almeno in parte.
Non mi chiedete però se questa vita è migliore della precedente, sarei incapace di darvi una risposta soddisfacente. Gioie e dolori si alternano come nella migliore delle passioni cristiane, una sorta di via crucis laica che si conclude con una resurrezione che ha un qualcosa di diabolico.
Come posso non guardarmi indietro?
Io sento ancora le rondini del balcone di casa dei miei, i gabbiani che mugugnano i loro sgraziati suoni sui balconi di Monteverde, le gazzarre di uccelli nella Caffarella, il merlo nel cortile di Torpignattara...
Come posso non guardare avanti?
Vedo un aereo che decolla, una serata in solitudine davanti a un tè ben caldo, una risata davanti a una birra al Pigneto, un neonato che piange davanti ai miei occhi paterni assonnati e rassegnati, un orologio che ticchetta stanco i suoi secondi che non corrispondono alla percezione dei miei.

Non riesco mai ad accendere un incenso quando vado a fare visita alle tombe dei miei nonni.