sabato 21 novembre 2009

Stoccolma, 1632 (oppure ore 16,32)


Scommetto che non vi è mai capitato di cenare nel 1632. Scommetto anche che non vi è mai capitato di cenare sotto un vascello di 1200 tonnellate di stazza risalente a quell'epoca... e se non vi è mai capitato nulla di ciò, allora abbiate pazienza e leggete queste poche righe qua sotto. Vale la pena andare a Stoccolma, fosse solo per andare al Vasa Museum.
Beh vedete, nel mio dialetto abbiamo un proverbio che dice "quando la gallina se ne va in giro, torna con il gozzo pieno o con un'ala rotta..."
Eccovi un po' di storia di questo vascello sotto il quale ho cenato con l'allegra compagnia degli amici e colleghi che hanno partecipato con me all'Equality Summit a Stoccolma.

"Il 10 agosto 1628, un gruppo di navi da Guerra reali salpò dal porto di Stoccolma. Tra esse giganteggiava il Vasa, da poco varato e battezzato in onore della dinastia regnante. La solenne circostanza fu sottolineata con la salva sparata dai cannoni del vascello, che sporgevano dai portellini aperti su entrambe le murate.

Mentre il maestoso vascello si faceva largo lentamente verso la bocca del porto, una raffica di vento levatasi all’improvviso lo investì in pieno. Il Vasa ondeggiò, tuttavia riuscì a raddrizzarsi nuovamente. Ma nulla potette contro una seconda raffica folgorante, che lo costringeva su uno dei suoi fianchi. L’acqua penetrò attraverso i portellini dei cannoni aperti. Il Vasa colò a picco sul fondo, portando con sé almeno 30, forse 50, dei 150 uomini della ciurma. Infine, ci vollero 333 anni
prima che il Vasa rivedesse la luce."

giovedì 12 novembre 2009

Eyes wide open



Mi sono perso ancora una volta per i vicoli di Gerusalemme ieri sera. E mi sono innamorato di nuovo.
Ho deciso di postare questo testo a distanza di oltre un anno. Chi conosce il film di cui all'oggetto, capirà il perché.

PS IL film ha vinto il Med Film Festival!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Basta un prima e furtiva occhiata alla folla dell'aeroporto Ben Gurion in Israele per rimanere colpiti dall'incredibile congerie di facce, suoni, colori, odori, sapori, emozioni frutto di un melting pot unico ed inimitabile che accompagna il visitatore durante tutta la sua permanenza nel paese.
La vacanza è stata suddivisa in 5 giorni a Tel Aviv e altrettanti a Gerusalemme.

Gli israeliani vanno in giro per il lungo mare di Tel Aviv con il cellulare ficcato nell'orecchio ed il vivavoce attivato. Verrà da pensare che c'è un problema di udito diffusissimo in tutto il Paese. Non sono riuscito ad approfondire questo aspetto anche perché, onestamente, un viaggio in Israele offre tanti di quegli spunti di riflessione che soffermarsi su uno solo di essi per più di 10 minuti, risulta una perdita di tempo.

Cinque giorni a Tel Aviv e cinque giorni a Gerusalemme con un'incursione di una giornata sul Mar Morto sono stati sufficienti per vivere le contraddizioni persistenti ed il fascino di questo luogo sacro alle tre religioni monoteiste più importanti del mondo e tanto controverso per la complessità politica che lo caratterizza. Me ne sono tornato a casa con un bagaglio di notizie molto ricco riguardo Palestina ed Israele e dal vivo ho avuto modo di dare un contorno alla mia sensibilità riguardo la questione palestino-israeliana, senza riuscire però ad assumere una posizione in merito. Se non un sentimento di contraddizione, appunto.

Tel Aviv è una città mediterranea, moderna, tecnologizzata ed aperta. Il suo multiculturalismo è sicuramente l'aspetto più forte, più visibile e presente. Una folla oceanica che si muove sul lungomare da nord a sud da sud a nord. E si muove in vario modo.
Facendo jogging con un i-pod nelle orecchie, sulla sedia a rotelle, sfrecciando su pattini ed altri aggeggi a rotelle non meglio identificati, passeggiando mano nella mano, parlando col vivavoce al cellulare. Il tutto sotto lo sguardo, a volte molto annoiato, di militari con tanto di mitra spianato, dispiegati lungo il marciapiede ed elicotteri apache che da nord (Libano) viaggiano verso sud (striscia di Gaza) e viceversa. Un continuo flusso di aerei civili e militari che solcano il cielo del mare meraviglioso e pulito della costa e delle sue spiagge bianche verso una pista di atterraggio accompagneranno ogni singolo momento trascorso sul lungomare. E alla fine quasi si finisce per sentirsi protetti da quei rombi di motori, addormentandosi mentre i bagnini ad alta voce attraverso megafoni redarguiscono i bagnanti più arditi che sfidano le bandiere rosse, per la verità molto frequenti.

Immaginerete che oltre alle passeggiate sulla spiaggia, ci sia anche di più. Un po' di storia e di arte, non molta a dire il vero. Giaffa è il gioiello della città, un'antica roccaforte portuale nata su uno spuntone roccioso proteso sul mare dove campane di conventi e muezzin che invitano alla preghiera si fondono con il rumore delle onde. Assolutamente da non perdere il tramonto, buttati sul prato dei giardini di Giaffa a prendersi qualche minuto di pausa da se stessi ed una cena in uno dei mervigliosi ristoranti. Aladin, ristorante sulla piazza di Giaffa con terrazza mozzafiato e vista su Tel Aviv vi farà mangiare pesce in abbondanza e antipasti orientali a volontà a circa trenta euro (in due!). Più giù vicino alla piazza della Torre dell'Orologio invece mangiate uno Shakshuka e non perdetevi l'hummous del ristorante Shakshuka gestito da beta-israeli, israeliani etiopi (eh sì, ci sono anche quelli!).
Se poi volete spendere un po' di più e non allontanarvi da Tel Aviv passeggiate sul lungo mare e arrivate a Manta Ray, elegante ristorante con patio sulla spiaggia dove la cucina israeliana si fa raffinata e anche il servizio, di solito scontroso e poco cordiale in tutto il Paese, è di grande livello.



Gerusalemme è tutta un'altra storia. Non appena arrivati ci si accorge subito che questa è una città santa. Ebrei ultraortodossi si muovono in clan familiare con padri giovanissimi, due o tre figli e una moglie regolarmente incinta. Donne musulmane non di rado con il chador e cristiani delle più varie confessioni che si aggirano per le strade alla ricerca di santità.

Jaffa Road l'avevo conosciuta per via dei giornali qualche giorno prima della partenza. La strada era in completo rifacimento: stanno impiantando le rotaie per fare scorrere in mezzo alla strada un veloce tram. È tutto un via vai di operai, ruspe, bulldozer, polizia, militari, ambulanze e sempre mitra spianati.Gli stessi con i quali dieci giorni prima della partenza avevano fatto fuori un attentatore palestinese a bordo di un bulldozer che aveva cominciato a ribaltare macchine e fare strage per la strada uccidendo una decina di passanti.

Ma queste erano solo immagini nella mia testa; la città ci ha dato ben altre emozioni.

La prima serata l'ho passata sui tetti. Vi direte che sono il solito esagerato. No, no. Si può fare davvero una passeggiata sui tetti e vi assicuro che è il modo migliore per cominciare la visita a questa città. La sera fa fresco e salendo sui tetti il fresco diventa quasi freddo. Ma ci si dimentica di tutto, persino del tempo, perché la vista che si ha da questo punto è qualcosa di indescrivibile. Come lo è Gerusalemme in sé.

Entrando dalla Porta di Giaffa tirate dritto su King David St. e poi all'ultimo incrocio sulla destra troverete una scaletta di ferro. Saliteci e il gioco è fatto. Buona passeggiata; sui tetti.

Non ho potuto fare a meno di chiamare a casa per descrivere ai miei l'emozione. Mio padre l'ha detta giusta…."Il Papa non era mica fesso a voler conquistare Gerusalemme"…

Ora è Gerusalemme che conquista i visitatori credenti, non credenti, atei, agnostici o miscredenti che siano. La Cupola della Roccia, il Muro del Pianto e il Santo Sepolcro con la Via Dolorosa sono i must, da vedere e rivedere.

Ma le vie di Gerusalemme e i monumenti "minori" sono sicuramente la parte più interessante. Ci si perde sempre e di continuo nella città vecchia. Ma non bisogna demordere. Siate testardi ed ognuno di voi troverà una sua Gerusalemme.

La mia l'ho trovata una sera, mente disfatto guardavo da fuori le mura verso la città nuova brulicante di bar aperti fino a tarda notte e studenti americani che in orde affollano le strade del centro sbevazzando qualsiasi cosa che contenga un filo di alcol.
Un mulino a vento olandese. A Gerusalemme c'è persino questo.

3 CONSIGLI PER CITTA'

Tel Aviv
1. 4 giorni a Tel Aviv sul mare; cercatevi un appartamento in riva al mare, costano poco e vi permettono un ottimo relax.
2. Andate a Giaffa sul fare della sera verso le 5 e passateci a serata intera
3. Mangiate al ristorante Manta Ray; prenotate prima se volete un tavolo sul meraviglioso patio

Gerusalemme
1. Prendete un albergo non troppo lontano dalla Città Vecchia
2. Girovagate ore ed ore nei vicoli; fermatevi, sedetevi, ricominciate e non demordete
3. Il melting pot culturale è tutto racchiuso nel Focaccio, un ristorante vicino Ben Gurion St. che non potete mancare; il menù è qualcosa di più che un tour per Israele

lunedì 9 novembre 2009

MedFilmFestival - Da Mutluluk in Viaggio verso la Mecca


Sono sempre rimasto colpito dalla capacità che ha l'arte di sorprendermi e allo stesso tempo di trasportarmi. Meno male che estiste l'arte, in tutte le sue forme.
In costante ricerca e riscoperta delle identità umane, le immagini di queste pellicole cinematografiche scavano solchi profondi che poi mi tocca riempire con i miei vissuti, con le vite delle persone a me care, con le gioie e i dolori derivanti dalle esperienze passate.
In Turchia si combatte in una costante oscillazione tra le ragioni di uno stato laico e quelle di una tradizione religiosa profondamente secolare.
Un viaggio, la vergogna, la disperazione di luoghi sperduti che niente hanno a che vedere con la vitalità e vivacità di Istanbul. Due occhi che guardano fuori da un treno in corsa che pare non volere giungere a destinazione.
Eppure Mutluluk significa "bliss", ovvero gioia.
Livaneli con genialità mi ha fatto vivere emozioni e desideri che mai avrei potuto sperimentare. Un anno fa.
Adesso ho intrapreso un viaggio verso la Mecca. Un viaggio certamente spirituale, ma anche materiale per molti versi. Un viaggio fisico che compio adesso, ma di cui ignoro l'inizio.
Non c'è bisogno di essere religiosi per viaggiare verso la Mecca. Il mio spirito di migrante ha subito compreso che non c'è altro tempo da perdere. Devo partire adesso e ora.
Migrazioni fisiche hanno lasciato segni riconoscibili nel mio DNA, le vedo ogni volta che guardo le mie mani. Vedo le miniere del West Virginia e il fumo delle fabbriche del Ruhrland. Migrazioni spirituali hanno segnato la mia mente. Le vedo ogni volta che dico una frase o che scrivo qualche cosa.
Ora è tempo di riconciliarsi con questi passati materiali e immateriali che si intersecano. Devo andare verso la Mecca, devo partire e ritornare.
Altrimenti, potrei persino svegliarmi un giorno e scoprire di esserci già stato.

mercoledì 4 novembre 2009

Stati vari di incoscienza


Volevo che arrivasse l'autunno. E forse ce l'ha fatta.
Attraverso Piazza Vittorio in questi giorni di pioggia e sento foglie cadere sulla mia testa sospinte da folate di vento. Non mi fermo nemmeno. Faccio incontri strani che vorrebbero riportarmi al passato, ma io con la mia musica nelle orecchie procedo verso le mie giornate.
Al mattino sembra che nulla possa fermarmi. I miei nuovi percorsi per arrivare al lavoro mi affascinano quasi. Spesso mi perdo negli sguardi delle persone, nel cattivo odore del vicino sul trenino, nelle letture della signora a fianco a me. E mi perdo per davvero, nel senso che non mi rendo conto del tempo che passa e quando mi sveglio sto già parecchie fermate dopo o sono persino arrivato e devo scendere.
L'altro giorno questa perdita di coscienza è durata più del previsto e sono sceso una fermata dopo la fermata di casa mia. Sono sceso dal mezzo e nonostante la pioggia ho deciso di fare una camminata. Così conosco un po' meglio il quartiere.
Mi sono addentrato in una stradina laterale. Schiamazzi di bambini, un bicchiere che si rompe e un motorino che percorre con una certa irruenza la stradina.
guardo i palazzetti della zona e vedo una signora affacciata al balcone. Ha una faccia decisamente triste. Penso che sia il tempo grigio che rende tutto più malinconico. O forse sono io che vedo tutto malinconico in questo periodo.
E invece no. La signora piange. Vedo delle lacrime scendere giù per il volto e non sono gocce d'acqua. E le lacrime vanno giù sul marmo del davanzale della finestra a confondersi con le gocce d'acqua.
E' qualche sera che le luci nei giardini di piazza Vittorio non si accendono. Quindi attraverso la piazza al buio. C'è un che di affascinante in questo percorso che dura un minuto e mezzo o poco meno. Mi guardo intorno, non riesco a distinguere le facce. Uomini, donne, bianchi, gialli, neri, alti, bassi, grassi e magri diventano tutti uguali. Vorrei spegnere le luci del mondo e lasciarlo al buio per un attimo e cancellare tutte queste odiose differenze fra noi. Mi abbandono ai miei sogni di un minuto e mezzo, al buio della piazza, ai miei vari stati di incoscienza.
Su quella panchina qualche giorno fa parlavo con M. Sulla stessa panchina adesso giace un corpo. Uno dei tanti disperati che affollano queste strade e davanti ai quali persino io mi sono ridotto a passare senza curarmene. O quasi.
L'altro giorno ho visto un ragazzo di colore seduto a terra con le spalle appoggiate contro uno dei lecci del parco. La testa sprofondata fra le ginocchia, sentivo persino i singhiozzi del suo pianto. Mi sono fermato per qualche secondo a guardarlo, sperando che alzasse la testa, per fargli vedere che non era solo che c'era qualcuno a cui importava la sua sofferenza.
Ha continuato a piangere e non ha alzato la testa.
Ho un'altra cazzo di giornata davanti.

domenica 1 novembre 2009

Flussi di coscienza dall'isola


I am a citizen of the planet
My president is Kwan Yin
My frontier is on an airplane
My prisons: homes for rehabilitating


Malta, ore 2.45

Una volta ho pensato che avrei voluto tanto essere seduto su una veranda ad ascoltare il rumore della risacca.
E' vero, forse è monotono, ma ogni volta ti racconta qualcosa di diverso. Una vita che non conosco si svolge oltre quest'acqua che si infrange contro gli scogli. E' fatta di suoni, di luci, di colori e di urla umane.

"L'hai visto?"
"Sì."
"Com'è andata?"
"Bene."
"Sta con qualcuno adesso?"
"No."
"E come mai? E' passato tanto tempo."
"Mi ha detto che non riesce a stare con nessuno. Quando conosce qualcuno, alla fine non fa che paragoni con me e rimane deluso. La delusione predomina e rimane solo."

Sono passato da questa veranda sul mare e ci ho lasciato un pezzettino di me stesso. Se la delusione potesse colmare il vuoto che mi separa dall'acqua, si trasformerebbe nei riflessi delle luci artificiali, in un'illusione.
E infatti si sta riflettendo nell'acqua e queste preziose illusioni alla fine mi danno quella vita che mi tiene in piedi.
Ieri ho visto un ragazzo. Era giovane. Guardava con una canna da pesca in mano un pesce che si dibatteva sulla pietra, morente. Si rigirava invano. E' morto soffocato.
Sono uscito di nuovo sulla veranda. Il ragazzo non c'è più. Non so dove sia andato. E come potrei saperlo? So solo che il pesce è morto soffocato.
Ora è tardissimo. Oppure è prestissimo. Dipende dai punti di vista.
Quello che è certo è che devo andare anch'io.
Ho un aereo fra quattro ore.