mercoledì 23 giugno 2010

Lo zerbino scomparso

Sono tornato a casa dopo una di queste lunghe giornate di lavoro che caratterizzano il periodo. Appena ho messo piede nel portone, un po' zuppo, vista la pioggia consistente che in questi giorni sta bagnando l'estate, mi sono accorto che lo zerbino davanti al portone dell'appartamento era scomparso.
Bella storia, mi dico... con un leggero rodimento in corpo accompagnato da uno stranimento.
Abitando a piano terra ed essendoci un certo numero di persone che vanno e vengono, ho pensato ad un furtarello. Ma poi mi sono detto: non è possibile! Non ci posso credere che qualcuno abbia potuto rubare uno zerbino!
La cosa, ad essere onesto un po' mi ha turbato.

Due giorni prima riflettevo a questo strano quartiere incastrato fra la "fricchettonaggine" del Pigneto e la popolanità di Torpignattara. Ho ricercato in giro sul web e mi sono accorto che abbiamo persino un sito web: www.pigneto.it! Ho ricercato la storia del nome del quartiere e mi è stato spiegato che deriva da una costruzione romana, una cupola che ha all'interno delle pignatte per alleggerire il peso della volta. Sono andato al parco dove si trova questo Mausoleo di Santa Elena e l'ho visto. Le pignatte ci sono davvero nella cupola, ma evidentemente non sono servite perché il tetto è crollato lo stesso!
Poi sono tornato a casa. Sono cominciati i mondiali e il quartiere si è colorato di bandiere. Non solo dell'Italia: a proposito di dialogo interculturale.
Comunque vada il mondiale a Torpignattara lo abbiamo vinto!
Seduto nel salotto, l'altro giorno ho ascoltato questa conversazione:
"Complimenti!" grida il vicino.
"Che cosa?" grida la vicina affacciata alla finestra.
"Per la partita! Avete vinto."
Non si riferiva all'Italia evidentemente, che finora non ne ha vinta nemmeno una.
"Brasile! Ha vinto partita! Complimenti!"
"Ah, capito. Grazie!"
Bene, questo sì che è praticare il dialogo interculturale. Prepariamoci alla festa quindi, perché qua si festeggerà comunque.
Ma torniamo allo zerbino. O quasi.
Esco di casa, l'altro ieri. E trovo il delirio: polizia, gente in strada, ambulanze e molte facce cupe. Non resisto e chiedo al ragazzo che gestisce il call-centre che cosa sia accaduto. E' morto un ragazzo bruciato vivo in casa in un palazzo a due passi da casa mia. Una scena davvero triste. Non riesco a dimenticare gli sguardi dei ragazzi, suoi coinquilini che riuniti all'angolo della strada, si guardano smarriti. Una volta in ufficio - non senza essere tornato di nuovo a casa per prendere i cellulari che avevo dimenticato per l'ennesima volta - leggo la triste cronaca e capisco meglio.
Quando passo davanti al palazzo la sera, rientrando verso casa, non posso non notare i mazzi di fiori davanti al portone.
Le signore del palazzo si siedono a chiacchierare davanti al portone di solito e là le trovo: chiedo loro se hanno visto qualcuno portarsi via uno zerbino.
"E' stata sicuramente V. - Mi rispondono le signore! - E figurati se qualcuno se rubba no zerbino, ma cche semo 'mpazziti!? Mo' jo dico io a 'ssu madre che a deve tenè a bbada a regazzina!"
"Ma cche ddici? So' trent'anni che cce combattemo...."
Interrompo con educazione e dico: "Vabbè non vi preoccupate, è solo uno zerbino!"
"Viè cco' mme", mi dice una di loro.
Mi porta in giro per il palazzo e scopro angoli reconditi che non conosco. Parti del cortile, sottoscala... posticini sconosciuti.
Tant'è... che lo zerbino spunta fuori in un sottoscala.
Chi l'avrebbe mai detto che talvolta la riconciliazione va cercata nei sottoscala? Mai dare nulla per scontato. Mai!

sabato 12 giugno 2010

Essere altrove: Akasaka-dori/Wetstraat


Bruxelles, 08/06/2010

Ogni volta che percorro Rue de la Loi con i suoi edifici in vetro, sono scosso, percorso e sconvolto dai brividi.
Vorrei vivere la mia vita altrove.
Altrove da dove? Non lo so.
Il mio cervello si auto-tele-trasporta verso Akasaka-douri, una stradina toruosa nel centro di Tokyo. In fondo su una collina, verso Tameikesanno, un grande santuario scintoista lo Hie Jinja. Per arrivarci occorre salire su per una sfiancante scalinata. Dal tempio fino ad Akasaka-Mitsuke è tutto un serpentello che a sua volta però è costretto (soccombe) nelle grinfie di altissimi grattacieli.
E mentre percorri il serpentello e i grattacieli ti guardano, imprimi nelle tua memoria ricordi che poi torneranno mentre percorri Rue de la Loi a Bruxelles e immagini di voler vivere altrove.
Cè una stradina dietro questi eco-mostruosi palazzi della Commissione Europea, una stradina insignificante se volete, un rimasuglio di quello che doveva essere questo quartiere prima della venuta degli Europei. Jozef II Straat è breve breve piena di casette con centri religiosi di ogni sorta, casette tipicamente belghe: finestre ampie in legno, inferriate sui piccoli balconcini, mattoni fuori, strette e lunghe, ardesia sul tetto.
Accade un prodigio su uno di questi balconi fagocitati dall'edera.
Mentre di fronte, nelle prime ore del mattino il grande ventre della Commissione Europea si sveglia per digerire i contenuti dell'eco-mostruoso palazzo di vetro, un papà rincorre un bambino biondino sul balcone di casa e lo riporta dentro.
Ecco, vorrei essere altrove.
Vorrei essere la scenetta del papà che rincorre il bambino nel bel mezzo dei grattacieli di Tokyo, senza però per questo smettere di potere essere me stesso.
Non so come si chiama la strada che percorrerò domani, se sarà su "quel pezzo di roccia che ruota nell'Universo" o se sarà nella città dei cavoletti o in quell'eterna. C'è continuità di soluzione.
Un cosa so: voglio sempre essere altrove da dove sono.