lunedì 29 giugno 2009

Analisi del testo


Mi sento molto come se fossi tornato a scuola in questo periodo e mi diletto nel fare cose che non facevo da tempo. Una delle cose che più mi affascinava quando andavo a scuola era prendere un testo, un'accozzaglia di parole stampate su una pagina e analizzarle, scomporle, suddividerle, in qualche modo distruggerle fino in fondo. Non credo che ci sia esperienza più affascinante di questa, per una persona che ama le lingue come le amo io.
Un esercizio intrigante che ti porta a scoprire elementi del linguaggio, pezzettini di quel testo che altrimenti non avresti mai notato. E' in qualche modo un modo per scendere un po' più in profondità di quello che di solito ti consente una semplice lettura.
L'esperimento diventa particolarmente affascinante quando ti capita che una frase, un testo, una poesia si addica particolarmente a un periodo della tua vita.
A quei periodi in cui cammini per strada con quel testo nella mente che ti accompagna come un angelo custode e che in ogni momento del giorno, a ogni sfumatura di luce ti comunica un significato nuovo, un senso nascosto che non eri riuscito a carpire un attimo prima. E piangendo, gridando, ridendo, sorridendo, ignorando il resto, facendo attenzione a ogni minimo particolare, quel testo si riproduce nei tuoi neuroni, si moltiplica, si suddivide, a volte ti illumina, a volte ti sprofonda nella depressione.
Allora lo scomporre, il suddividere, l'analizzare ossessivamente diventa un esercizio di vita, non uno sterile esercizio grammatico-logico. Una sorta di ginnastica dell'anima che si rivela un esperimento di cannibalizzazione del testo, di sé, della coscienza di sé e dell'altro da sé.
E allora, facendo quest'esercizio, ti rendi conto che c'è davvero dell'altro in queste lettere scomposte che prendono forma su uno schermo o su un pezzo di carta. C'è la chiave verso un mondo strano, affascinante, pericoloso, un terreno di sabbie mobili.
Sul quale occore imparare a scivolare, perdendo il proprio peso corporeo e intellettuale.
Ecco la mia analis/i del testo, la mia ginnastica dell'anima, per ora solo una traduzione con prefazione.
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Uninvited

Like anyone would be
I am flattered by your fascination with me
Like any hot blooded woman
I have simply wanted an object to crave
But you you're not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

Must be strangely exciting
To watch the stoic squirm
Must be somewhat heartening
To watch shepherd meet shepherd
But you you're not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

Like any uncharted territory
I must seem greatly intriguing
You speak of my love like
You have experienced love like mine before
But this is not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

I don't think you unworthy
I need a moment to deliberate.
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Non invitata

Come chiunque,
mi sento lusingata dal fascino che ho su di te.
Come ogni donna dal sangue caldo,
ho voluto semplicemente un oggetto da desiderare.
Ma a te, a te non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Dev'essere uno strano spetacolo
guardare uno stoico contorcersi.
Dev'essere in qualche modo rincuorante
guardare un pastore incontrare un pastore.
Ma a te, a te non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Come una terra inesplorata,
devo sembrare davvero intrigante.
Parli del mio amore
come se avessi ne avessi già vissuto uno così.
Ma questo non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Non credo che tu sia priva di valore,
mi serve un attimo per vagliare.

sabato 27 giugno 2009

Le passioni gioiose


"Le passioni tristi, l'impotenza e il fatalismo non mancano di un certo fascino. E' una tentazione farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l'attenzione del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare alla minaccia terroristica, cala come un manto a ricoprire ogni altra realtà. E' a questo che ciascuno di noi deve resistere... creando. Infatti sappiamo bene che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare il reale e non il reale stesso. Non possono far altro che arretrare di fonrte allo sviluppo di pratiche gioiose."

Questa è la conclusione del meraviglioso saggio di Benasayag e Schmit. Conclusione che ho letto durante il mio soggiorno a Budapest e che come al solito si è accompagnata a circostanze incoraggianti che sostengono la tesi avanzata dai due sociologi francesi.
Devo ringraziare Themis che durante una passeggiata da Pest a Buda mi ha sostenuto nell'attraversare il ponte fisico del Danubio e quello che dalle passioni tristi porta alle passioni gioiose.
Adesso il percorso è sicuramente in discesa, anzi sto già scendendo ad alta velocità.

martedì 23 giugno 2009

"Ciarpame senza pudore"

Faccende di vite pubbliche e faccende di vita privata si intrecciano e si intersecano con un tempismo che quasi mi lascia senza fiato.
Lo sconquasso di squallore che agita i palazzi del centro romano in merito a festini e vicende varie non mi stupiscono più di tanto, non mi meravigliano e mi lasciano ormai piuttosto freddo. Che queste cose accadessero io almeno l'ho sempre pensato e non me ne meraviglio. D'altronde, e ho avuto modo di dirlo nel mio intervento a un convegno di oggi in CGIL, quello che sta in questo Governo non è altro che specchio della società italiana in cui la maggioranza dei cittadini sguazza.
Quello che invece non mi lascia immoto, ma che anzi mi fa montare una grande rabbia e un grande senso di frustrazione è "il ciarpame senza pudore" che circonda me in prima persona. Fanno ridere le giustificazioni del Berluska e le smentite, ma mi fa ancor più ribrezzo persino il solo tentativo di giustificarsi di gente che ho ben più che apprezzato per atti ignobili compiuti alle mie spalle in momenti di mia atroce sofferenza personale.
E lo dico con un profondo senso di rassegnazione. Che parola orrenda per uno come me. I miei amici mi guardano male quando lo dico, perché sanno bene le mie capacità di lottare, di impormi con veemenza a volte, di strepitare, di darmi da fare, di sacrificarmi... Ecco, di sacrificarmi per l'altro, appunto.
Un esercizio che risulta ai più un orpello artificiale nelle relazioni di amicizia, di affetto, di amore e persino familiari ormai. Stare a contatto con l'altro da sé comporta una certa misura di sacrificio, di inclinazione e propensione alla comprensione del limite altrui che io onestamente non riscontro ormai più. E allora sono passato per la lotta, per la battaglia a tutto campo, per il dolore atroce, per la frustrazione, per il senso di impotenza. E ora mi trovo a fare i conti con la rassegnazione. Davanti a tanto "ciarpame senza pudore" non si può che rimanere costernati... e rassegnati.
Ricordo ormai con una certa ironia un giorno in cui dissi, durante un discussione feroce con D., che la crisi dei sentimenti per gli altri non è ormai più questione fra individui, ma è sintomatica di una malessere sociale diffuso. La MIA infelicità, il MIO malessere. Ma che viene il dubbio che forse oltre il proprio naso, per quanto lungo possa essere, c'è un'altra persona di fronte? Mi pare quasi di no.
Quando ricondussi tutto il discorso a un malessere più profondo, di crisi dei valori e dello stare insieme, sapete come mi fu risposto? Con una grassa risata di scherno in faccia.
Bene. Anzi benissimo. Stasera ho avuto finalmente una notizia che mi ha riempito il cuore di gioia, una delle cose più belle che possano capitare nella vita. Sul tram, in preda al panico, col cellulare che mi fremeva in mano, mi sono chiesto con angoscia: e adesso a chi lo dico? Con chi la condivido questa cosa?
Sapete che c'è? Me la tengo per me.

"m. was impressed about you - what a guy she said - I will take Sicilia for starting that part of my life again that you represent so powerfully: arts, culture, wisdom, reading, inner piece (I mean it), conviction, fighting for the right, looking into essential things..." K.

domenica 21 giugno 2009

Riemergere dal cumulo

Odio la domenica. Con tutto il mio cuore. E' un giorno che non è fatto per me. La domenica è il giorno in cui se qualcuno soffre di solitudine è destinato a morirne.La domenica è il giorno del pranzo in famiglia. Ma non per chi una famiglia non ce l'ha. La domenica è il giorno del pranzo con la famiglia. Ma non per chi la famiglia ce l'ha lontana. La domenica è il giorno del riposo. Ma non per chi non sa riposare. La domenica è il giorno dell'uscita fuori porta con gli amici. Per chi gli amici ce li ha.
E soprattutto non per queste domeniche in cui il tempo è inclemente e costringe alla clausura nella città che va via via svuotandosi.
La domenica è un brutto giorno.
E questa domenica è un giorno particolarmente brutto. Mi sento ricoperto da un cumulo di detriti tossici che sono difficili da scrollare via. E quando ci sarò riuscito a scrollarmeli, sento che rimarrà l'effetto tossico che dovrò man mano depurare.
Una cosa però so: che una volta riemerso da questo cumulo di detriti, io sarò migliore di quello che sono oggi. Non mi farò abbattere da chi vorrebbe vedermi sepolto. Ho già combattuto molto in questi mesi. Ora combatterò in una direzione diversa. Combatterò per me stesso, in solitudine forse, ma combatterò per essere una persona migliore, per ritrovare quel rispetto per me stesso che troppo spesso ho dimenticato per concentrarmi ad aiutare gli altri.
Rimane un'amarezza di fondo: l'essermi sempre prodigato a capire gli altri, ad aiutarli sempre, anche quando ero io più in difficoltà degli altri e l'avere scarsamente ricevuto. Ho ricevuto poco, forse perché non sono molto bravo a ricevere, questo è vero. Ma dov'è il sacrificio che io faccio per comprendere il limite altrui? Dov'è questo sacrificio negli altri?
A parte, rare ma preziose eccezioni, ancora lo cerco. Migliorando, forse, lo troverò.

giovedì 18 giugno 2009

The heart of the house

Di questi tempi dalla vallata sale un profumo incredibile di fiori di ginestre.
Perle di aria attraversano il cielo e si soffermano sui balconi delle abitazioni. Un cielo terso dall'alto guarda il paese mezzo addormentato sotto il sole e come ogni mattina d'estate la vedo seduta su una sdraio che al sole riposa, godendo del calore e della luce.
I suoi capelli bianchi, compagni di una vita lunga quasi novant'anni, al sole erano sempre più belli. Erano uno dei suoi pochi vanti.
Così si è addormentata e dolcemente ci ha salutati. In un giorno estivo, in cui tutto pare dover scorrere come se nulla fosse. Un maledetto giorno come tanti altri, ma che a differenza di altri lascerà in noi un vuoto incolmabile.
La sua figura vaga per casa, silenziosa, leggera. Solo l'età avanzata riesce a rendere impercettibile il passo, felpato il cammino, impalpabile la presenza. I vicini e i parenti sono stati salutati con una parola buona per tutti, anche nei confronti del malvagio: "Quella era una brava persona".
Vado da una stanza all'altra, certo che è sul balcone. Certo che è a fianco al focolare, certo che sta osservando la strada di sotto dove non succede mai nulla. Certo che è nella sua stanza a passare il tempo a rifare il suo letto. Certo che è sulla panchina a fianco al portone a chiacchierare con qualche vicino. Certo che sta osservando i gigli che crescono da sempre in quel piccolo orto.
Mi guarda e mi dice "Torna presto, che la prossima volta non ci sono più."
E così è stato. Addio, nonna.