giovedì 7 agosto 2014

Momenti che non dimentichi: Bali, Australia (Melbourne)

Momenti che non dimentichi in Australia

Svegliarti la mattina rendendoti conto che sei dall'altra parte del mondo per via di versi degli uccelli che mai hai sentito prima

Passeggiare sulla spiaggia di St. kilda e vedere che su un lampione sono appoggiati 3 grossi pappagalli rossi

Andare alla cerimonia di apertura di una mostra sull'inizio dell'attivismo lgbt in Australia insieme a uno dei soggetti fotografati

Trovare a fianco della mostra di cui sopra, un'altra mostra i cui soggetti sono meravigliosi ulivi secolari pugliesi.

Vedere la testa di un wallaby spuntare fra la vegetazione mentre sei intento a passeggiare su un sentiero che porta al Lago dei Cigni di Phillip Island


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Momenti che non dimentichi a Bali

Ritrovarsi fermi per oltre un'ora sotto la tettoia di un ristorante chiuso a Ubud insieme a tre balinesi che non parlano una parola di inglese, mentre imperversa un acquazzone

Farsi sfilare tre volte dalle braccia una borsa di tela dalle scimmie nel tempio sacro delle scimmie di Ubud

Andare a fare shopping l'ultimo giorno a Ubud e comprare tanti oggetti tipici per quel luogo. Rimanere nel negozio fino alla chiusura a contrattare i prezzi e vedersi offrire un passaggio in motorino per le tortuose strade di Ubud, di notte, dalla commessa. Chiaramente senza casco

Bere un cocktail di anguria, zenzero e mango davanti alle risaie con vista sulla giungla accompagnato dal solo gracidare delle rane e dal chiacchiericcio in balinese



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Consigli non scritti nelle guide turistiche

Se vuoi andare in bicicletta a Ubud, devi avere un minimo di prestanza. E nonostante ciò sarai costretto in alcuni punti a scendere dalla bici per via della pendenza estrema.

Mai portare oggetti appariscenti o borse di tela (nemmeno bottiglie di plastica) quando vai a visitare la foresta sacra delle scimmie a Ubud.

Non avere mai visto una donna incinta per strada. Eppure a Bali ci sono moltissimi bambini, i contraccettivi non si trovano e mi hanno detto che gli orfanotrofi sono purtroppo affollati.


giovedì 31 luglio 2014

Puputan

Un puputan, la cosa più straordinaria di cui ho letto sulla storia di Bali. Un evento incredibile su cui mi pare sia stato scritto poco, almeno nelle lingue occidentali che conosco. Ho fatto diverse ricerche su internet, ma forse se ne scrive poco per la vergogna che noi occidentali dovremmo provare.

Ecco i fatti. 1906, gli olandesi decidono di inferire il loro ultimo colpo mortale a questo paradiso chiamato Bali, tentando di conquistare anche la parte rimanente dell'isola, il sud, che fino a quel momento non erano ancora riusciti a sottomettere.
Avrebbero però incontrato una resistenza straordinaria in questo ultimo atto. Una resistenza unica e irripetibile, tragica e gloriosa, incredibilmente crudele e coraggiosa allo stesso tempo.

I reali balinesi, una volta capito che sarebbe arrivata la loro fine, si preparano all'evento assieme a un altro migliaio di isolani. Si rinchiudono nel palazzo, preparano i loro abiti più sfarzosi, tirano fuori i loro gioielli più preziosi. Si preparano alla più somma cerimonia. Quando sentirono che il nemico era alle porte, uscirono dal palazzo reale e gli diedero fuoco, distruggendolo interamente. Lo consegnarono alle fiamme e alla cenere piuttosto che darlo in mano al loro nemico. Armati solo di qualche lancia e pochi altri strumenti bellici si avviano in una processione maestosa, colorata, quasi gioiosa.
Una volta di fronte al nemico, si fermano. Gli olandesi li implorano di arrendersi, ma così non sarebbe stato. Non avrebbe potuto essere. Ricevuti i primi colpi di fuoco dagli olandesi, cominciano ad uccidersi fra loro, per poi lasciarsi sterminare. Ma l'atto più coraggioso lo compirono le donne. In prima linea, cominciarono a strapparsi i gioielli che indossavano e a lanciarli in modo sprezzante verso il nemico.
Un popolo così pacifico, che già aveva subito il confino su quest'isola per via dell'invasione musulmana, non poteva che lasciarsi distruggere che così.
Fu così che Bali divento un altro piccolo, insignificante pezzo delle Indie Olandesi Orientali.

Un puputan, ecco quello che ci vorrebbe anche nella mia vita. E in parte così e' già stato. Hanno combattuto una guerra contro le mie passioni più forti, i miei sentimenti più profondi. Si sono lanciati in un'opera di distruzione, senza nemmeno tentare la nobile arma del dialogo. D'altronde, cos'altro avrebbero potuto fare questi oppositori.
Io però sento di essermi comportato proprio come questi gloriosi balinesi: mentre i vigliacchi e le vigliacche sferravano i loro ultimi colpi, io ho scagliato loro i miei migliori gioielli. La verità e' che non sono stato ucciso. Sono loro che credono di aver conquistato un altro piccolo pezzo di Indie orientali. Quanta povera, gretta, misera illusione.

domenica 27 luglio 2014

L'isola dei sogni

Sta per iniziare, il viaggio. Sono solo 10 giorni. Avrei voluto (e forse anche potuto) rimanere almeno un mese. Solo 6 ore di aereo mi separano da questo posto immerso nell'oceano. Che poi mi chiedo quale sia la grande differenza col posto dove sono nato e cresciuto... In senso strettamente geografico, chiaramente. Una stretta penisola circondata interamente dal mare, relativamente isolata da tutto il resto.

Venire nell'altro emisfero ed entrare nella percezione di chi vive qui in questo continente isolato aiuta noi europei a ricalibrare le distanze, a diventare un po' più padroni delle dimensioni in relazione all'emisfero. Visitare l'Australia con un volo che la sorvola da est verso nord ovest: la costa vicino Melbourne, il golfo di Saint Vincent e poi tutto il deserto interno; ore di nulla, o meglio di terra rossa disabitata. Come sono diversi questi paesaggi dall'Europa che oramai sorvolo praticamente ogni settimana!

Guardando fuori dal finestrino dell'aereo penso a come debba essere la vita umana in questi posti estremamente desolati, cosa si provi a percorrere in auto una di queste strade in mezzo al deserto per ore, con il rischio (o la fortuna) di non incontrare anima viva lungo tutto il tragitto. Più penso a queste terre, più mi chiedo per quale motivo gli uomini si siano sforzati a venire qui a contaminarle con le nostre inutili e dannose attività. Sarebbe stato meglio lasciarle alla natura e alle poche popolazioni indigene che per qualche ragione oscura già si trovavano qua. Wominjieka (benvenuti, nella lingua indigena dei Kulin - un pezzo di terra oggi chiamato Victoria).

Ps. L'isola dei sogni era anche il titolo del romanzo che ho tradotto per la mia tesi di laurea (un romanzo noir/hard boiled dello scrittore giapponese Osawa Arimasa).

giovedì 24 luglio 2014

Mindfulness @ #aids2014

Mindfulness @ #aids2014

"We would like to pay our respect to the people of the Kulin nation and to the elders of this land."

Questa e una frase che viene pronunciata all'inizio di ogni evento che si svolge nel contesto della conferenza sull'Aids a Melbourne. Molto bello ringraziare le popolazioni indigene per l'ospitalità che concedono a noi occidentali nella loro terra. Meraviglioso l'invito al rispetto, alla cura della terra che ci accoglie; molto alla moda pure, mi verrebbe da dire....
Ma poi? Poi vedi che Melbourne è una città dove continuano a costruire grattacieli e più non posso e dove il fiume che scorre verso il mare ha un colore prossimo al marrone.
Non so...mi sembra di percepire in questa stanca formula recitata come un mantra... molta ipocrisia. Come sempre, spero di sbagliarmi.

Queste conferenze mondiali sono come uno dei migliori koan zen. Ci puoi trovare tutto e nulla. 
Le cose migliori, come prevedibile, non sono scritte nel programma. 

Mi ritrovo a parlare in un workshop organizzato dall'ILO in cui presentano uno studio sulle cosiddette "popolazioni chiave" in materia di contagio HIV. Dopo il workshop mi si avvicina Ken Davis, il compagno australiano con cui ero stato in contatto prima di arrivare qua per l'organizzazione di una sessione in cui devo intervenire io stesso.

Mi ritrovo seduto al tavolo con lui e con un altro sindacalista di lungo corso, attivista lgbt e politico. Appena viene fuori che sono un cgil... La prima cosa che salta fuori e' la loro passione per il PCI! Che...purtroppo non esiste più da un pezzo in Italia! Ma questo chiaramente lo sanno. Grazie a loro scopro un po' di storia e attualità politica australiana, un po' di geografia e di informazioni sulla politica, sul movimento lgbt e sulla lotta all'AIDS nel continente. E naturalmente trovo molte similitudini con la mia lontana Italia.

Melbourne e' la città più australiana, mi dicono. Quella col clima peggiore, mutevole e imprevedible: la città delle 4 stagioni in un solo giorno. Quella con la più grande comunità italiana in Australia.

Non tardo a scoprirlo. Bisognoso di aria e di un supermercato, decido di uscire e fare quattro passi alla ricerca di un caffè per non soccombere agli effetti del fuso orario. Mi imbatto in un angolo di Italia schiacciato fra i grattacieli del centro città.
Entro e pochi minuti dopo esco. 
Un caffè pessimo, una massa di caproni italiani che urlano parolacce fra loro, un fiume in piena di volgarità e malcostume.
Insomma, il peggio che l'Italia può esportare e' arrivato fino a Melbourne. Nn ne sentivo la mancanza.

Meno male che decido di rientrare nel centro congressi, dove partecipo, quasi per caso, a un workshop siccome evitare il burn out facendo attivismo. Un argomento che mi interessa parecchio. Una delle ragioni per cui mi trovo qua del resto, e' anche la necessità di fuggire dalla mia routine e tagliare con la invita quotidiana. Due attivisti australiani ci guidano durante il workshop. Che si rivela un esercizio collettivo di ascolto, confronto e "mindfulness". Sono riuscito a trovarsi con una ventina di sconosciuti in una stanza e sentirmi a mio agio con me stesso. Meglio... Mi sono trovato a pensare a me stesso mentre attorno a me ruotano in u emisfero diverso da quello i cui vivo, migliaia di persone sconosciute. Ho cominciato a fare pace con me stesso durante la conferenza. Il viaggio e' solo all'inizio. Ma non poteva cominciare in modo migliore.

"I tried to be reasonable, I didn't like it" Clint Eastwood 

mercoledì 23 luglio 2014

Non è mai tardi per essere inverno

In un viaggio come questo, la cosa più difficile da accettare, e' l'inverno. Doversi rimettere un cappotto, vedere la gente che va a scuola, con le sciarpe addosso e pronte a tirar fuori l'ombrello, e' quasi più complicato di adattarsi alle 8 ore di fuso orario! La mattina ti svegli e vedi che fuori è chiaramente inverno: anche dopo qualche giorno, non te ne fai una ragione. Gli alberi sono spogli, il mare e' triste, l'erba dei prati ingiallita, il cielo quasi perennemente grigio.
E' una sensazione davvero sconvolgente. Arrivo all'aeroporto di Tullamarine dopo quasi 24 ore fra volo e scalo in un'alba tailandese all'aeroporto Suvarnabum di Bangkok. Prima un 747 e poi un 777, aerei enormi su cui viaggia un'umanità varia e indistinta allo stesso tempo. Due voli con la Thai sono stati sufficienti per sfatare il mito del personale thailandese super sorridente, super gentile, super tutto... Non proprio, direi! Anzi... Nella media e nulla di più. Portare un'orchidea all'occhiello, non ti rende necessariamente più dolce.

Non rende più dolce nemmeno il pensiero che mi segue, mentre volo alla velocità di circa mille km orari,  per quelle persone che andavano a Melbourne come me e che sono finite trucidate in uno sconosciuto campo in Ucraina.
Il ricordo delle vittime del volo MH17 da Amsterdam a Kuala Lumpur e' uno dei leitmotiv della conferenza. E come può non esserlo. Attivisti che venivano qua a portare un pezzo della loro esperienza e del loro entusiasmo, hanno perso la vita in un modo del tutto irrazionale, impensabile quasi.

Non dovrei scriverlo, ma inizio seriamente a detestare quello che rappresenta la Russia oggi. Le loro rappresaglie pseudo fasciste, il loro furore omofobo, il loro atteggiamento anti diritti umani sono aspetti che non riesco a mandare giù. Non sopporto più nemmeno il ricordo dello zar Putin che a fianco al suo omologo italiano andava in giro a fare scorribande di caccia e di... donne. Un'immagine disgustosa, rivoltante, del machismo e del super(micro)uomo del ventunesimo secolo che facciamo ancora fatica a superare.

Cari amici e amiche, compagne e compagni che non siete riusciti ad arrivare qui a Melbourne, sappiate che la vostra lotta continuerà. Con più furore di prima. Lo sappia chi crede di fermare con la dinamite di un missile la passione per la libertà e per la giustizia sociale. Voi siete già morti, la vostra violenza e' la peggiore sconfitta che si possa augurare a un essere umano.

lunedì 21 luglio 2014

Ed e' solo l'inizio

I veri viaggi cominciano sempre molto prima di imbarcarsi su un volo o di salire su un treno. Alcuni poi... Stanno già dentro di te, aspettano le congiunture giuste per realizzarsi.

Mi serviva un scusa, però. Ed è arrivata quando mi hanno prospettato la possibilità di partecipare come delegato alla conferenza mondiale sull'Aids che quest'anno si è tenuta a Melbourne. Dopo qualche tentennamento, decido di accettare. Seguo la passione per il lavoro su questo tema a cui mi dedico ormai da quasi dieci anni e l'istinto di allontanarmi dall'Europa, dalla mia vita quotidiana, da un'asfissia che mi sta rendendo tutto insopportabile. Perché? Perché trovo tutto insopportabile, perché ho perso la passione per le cose per cui un tempo mi sarei ucciso quasi?
Non riesco più a trovare la risposta, quindi mi convinco che la strada per ritrovare me e le mie passioni sia quella di allontanarmi il più possibile dalla fonte del desiderio (nell'accezione buddista del termine, il tanha).

E' vero, lo ammetto, la mia decisione di continuare il viaggio verso Bali nasce anche da una bufala commerciale: il libro "Mangia, prega, ama" di Elizabeth Gilbert. Ma nasce dal mio amore incondizionato, irragionevole forse, immotivato per Roma.

Crogiolo di passioni, crocevia di missioni. Angolo di paradiso infernale attraversato da ricordi scolpiti in ognuno dei sampietrini. Pietre che parlano, muri con cui poter ragionare. Luoghi troppo amati per non sentirsi costretti a scappare. Roma e' il mio essere uomo, personificato in strade, monumenti, colori.
Non mi muovo nella città. E' la città che è in me che si muove e mi plasma. Un rapporto asfissiante, ci si sente soffocare. Bisogna scappare.

E l'idea di fuggire e' nata da sola. Le rotture e le divisioni mi hanno perseguitato. Ora sono io a perseguitare loro.
Non sono così naïf da credere che Roma, Bali o un qualsiasi luogo in se' possa farmi trovare pace.
"Fai le cose che ti piacciono e allora saranno le persone belle a venire da te."

sabato 31 maggio 2014

Kiss me hard before you go

Le estati, periodi più o meno lunghi di solitudini disperate.
La soffitta, la mia migliore amica. Rifugio polveroso di disperazione, sotto il calore di soffitti bollenti. Libri, quaderni, pagine consumate dallo sfogliare impacciato di un bambino.

Ero io, giravo le pagine, tante, alla ricerca di quello che sarebbe stato di me.

La voglia di fuggire, evasione definitiva, nata in quelle estati tristi, di lunghe solitudini senza pause. Il garrire delle rondini, il grido di qualche bambino, un oceano di amore familiare giusto al piano di sotto.

I vetri di un autobus mezzo vuoto e il viaggio che mi porterà sotto i ponti di una stazione sconosciuta. Questo era il libro che mi aspettava.

Baciami forte, prima di andare via. Lascia una traccia indelebile, ti prego. Marcami a fuoco per non perdere il filo in quel segno profondo. 

lunedì 31 marzo 2014

Il grigio del tuo ricordo

E' luna piena, torno a casa, solo, ora.
Rumore di macchine e ingranaggi, musiche sopite,
Scrosci d'acqua, silenzi inauditi.
Luci che svaniscono, ululati incomprensibili.
Da qualche parte sei, sento il tuo odore.
Sono certo.
Ti ritroverò, prima di trovare me:
Missione più plausibile.
Nel grigio del tuo ricordo, affondo.


domenica 23 febbraio 2014

Pensa, canta, ama - Think, sing, love



Questa la dedico a te. E mentre la ascolto vedo  i tuoi capelli ricci, soffici e splendidi muoversi in aria. La serata nel castelletto sulla consolare. Un’amica vestita in kimono. “Oogesa nja nai?” Ma no… ma quale esagerata. Potevamo tranquillamente ballare la canzone senza curarci degli altri… Eravamo felici!

Dancing queen, Abba


Uno sguardo vuoto, ma pieno. Una lotta strenua per essere più forti. Per sconfiggere quel dolore, lo strazio inerte della vita, per scavare ogni giorno un po’ più in fondo e sradicare tutto. Niente rumore, la casa in penombra. I silenzi, le lacrime. La vita fuori scorre come se nulla fosse e noi intrappolati in un vortice di paura, di insicurezza. Tornerà tutto alla normalità? Torneranno le giornate, le serate, le notti, la luce, il buio? Sguardi vuoti, occhi rassegnati, ma ancora vivi. Ci siamo. Non siamo ancora andati via. E forse non lo faremo mai.

This is the life, Amy Mc Donald’s


Ho sbattuto la testa contro quell’armadio. Senza una ragione, ad un certo punto non ce la faccio e piango. Nel pieno della notte torni a popolare i miei silenzi, i miei spazi vuoti, ti vedo qui che silenzioso dormi.
E poi apri gli occhi e senti che tutto è un vuoto pieno di significanti. Vorrei cercare la ragione, ma l’esercizio si auto sopprime nello strozzare una lacrima. Quella di troppo, quella che non ti puoi permettere, quella che non deve uscire.
La cifra è che siamo nella trappola delle nostre immense solitudini. Dato in condizionabile dell’essere qui, ora, così.

Just give me a reason, Pink

E poi non ci capisci più niente. Senti solo la necessità di una ripartenza.
La mattina con i biscotti e il tè.
La serata è stata complicata… tante persone, tanto alcol e tanta musica. Sudore, balli, si soffoca, la giacca… si ubriaca.
La mattina dopo la notte, il sesso, il poco sonno, la televisione è accesa. Musica di sottofondo. No ascoltiamo, commentiamo, era lei. Sì, era proprio lei.
La ripartenza non arriva. Era una falsa partenza. O forse la falsa partenza di una nuova vera partenza. Fosse anche solo questo, grazie.

Wrecking ball, Miley Cyrus

giovedì 2 gennaio 2014

Solo il buio oltre l'imposta


C'è una luce oltre l'imposta.
il buio è dentro 
l'esterno lo riflette.
urla di una donna, no.
gracchiare strozzato di un gabbiano.
Non troverai una casa
Neanche un nido che t'accolga
Solo il buio oltre l'imposta.