lunedì 14 dicembre 2009

Questa città dei cavoletti... 2


Ho inviato un sms e ho spento il telefono molto prima che fosse necessario. Volevo riaccendere il telefono una volta arrivato a destinazione e ricevere la risposta.
Ma non sempre le cose vanno come vorresti.
L’ultima volta che sono stato qui a Bruxelles e ho un scritto un post sulla mia visita qua è stato parecchio tempo fa. Altri tempi, meno male passati.
Qui è decisamente Natale, questa festa del cavolo che sta per arrivare. Non c’è periodo dell’anno che io odi di più. Odio queste festività dal profondo del mio cuore. Sembrano fatte apposta per fare sentire solo chi non ha nessuno, triste chi è lontano dalla famiglia, addolorato chi ha perso un proprio caro e non ce l’ha più accanto al fottuttissimo albero di Natale, avvilito chi fa i conti con il finire dell’anno e si rende conto di avere sparso al vento affetto, amore, tempi e spazi preziosi che nessuno ti ridarà più.
Questa città dei cavoletti è tutta illuminata e la gente impazzisce attorno ai mercatini di golosità varie allestiti attorno a quella che una volta era la Borsa di questo Paese e oggi è un ritrovo per giovani, spacciatori e venditori ambulanti di caramelline di ogni colore.
Nonostante ciò un brivido di gioia percorre il mio corpo. Nonostante Natale si avvicini e queste sensazioni si annidino nei meandri del mio corpo, una sensazione di felicità scorre nel mio sangue. E’ qualcosa che senti dalla punta dei piedi salire verso su, fermarsi allo stomaco e non lasciarti. Non mi fa dormire, ma questa non è una novità. Da sei mesi a questa parte il mio sonno non dura mai più di quattro o cinque ore per notte.
Eppure ieri, dopo una cena sociale con i partecipanti alla conferenza in un ristorante Etiope, qualcosa è successo. Ho infilato la chiave magnetica nella toppa della stanza, sono entrato e ho guardato fuori dalla finestra. Un fascio di luci si rincorrevano nel cielo – anche questo fa parte delle ghirlande natalizie locali – facendo giochi particolari sulle nubi, che qua non mancano mai, come la cioccolata.
Frugo nella giacca che avevo lasciato in stanza. Ci ritrovo il cellulare. Nella spensieratezza non mi ero nemmeno accorto di averlo mollato là dentro e non ne ho sentito nemmeno la mancanza. Vedo che c’è un sms: “Call me by your name: or by mine. Anzi, non chiamarmi. Le parole sono vuote, i tuoi occhi che adesso leggono queste lettere no. Baci.”
Panico. Freddo gelido dalla punta dei piedi in su. Fuori ci sono -2 gradi, ma io sono dentro, no?
Voglio dimenticare tutto, o ricordare ogni minimo particolare.
PS Manco a dirlo, non ho visto nemmeno l’ombra di un cavoletto neanche questa volta. La prossima volta me ne porto un po’ da Roma e li faccio rotolare giù per la Grande Place.

martedì 8 dicembre 2009

Via Mantova, quinto piano.

8 dicembre, da qualche parte in treno fra Milano e Roma

“Credo che questo periodo della mia vita sia meritevole dell’apertura di un blog, ma non vorrei mettere le mie cose private alla mercé di tutti.”
“Scriviti delle lettere e inviatele al mio indirizzo. Io te le conservo e quando vuoi te le rendo.”


Ho riparato una tapparella. Questo è certo; e poi ho sentito che qualcosa poteva ricominciare. Scriverò delle cose molto scontate, forse. Non l’avrei mai detto, eppure, come al solito bisogna rispettare la predisposizione a lasciarsi sorprendere dagli eventi.
Sono partito e adesso sto tornando. Avevo bisogno di uscire dalla mia quotidianità e ricominciare a vivere quella vita che uno della mia età dovrebbe vivere. Voglio chiudermi la porta alle spalle e vivere il resto della giornata come avrei dovuto fare finora e non ho fatto. Non voglio più perdere tempo, perché nessuno me lo ridarà indietro.
Le persone non sanno che possono avere un ruolo nelle vite degli altri anche semplicemente con uno sguardo. Le persone non sanno che con un pezzettino del loro tempo possono regalare emozioni che poi non si scordano, che possono dare un nuovo corso alle esistenze altrui. Adesso posso ricominciare a scrivere, non quello che avrei voluto scrivere, ma quello che voglio davvero scrivere.
Non mi sono risparmiato. Ho utilizzato ogni filo della mia energia per costruire un nuovo orizzonte di spensieratezza. Ho misurato con F. dove ero arrivato. Ci siamo misurati insieme e ci siamo fatti il più bel regalo che potevamo aspettarci. Ci siamo scoperti cresciuti, cambiati. In un fiume di emozioni abbiamo lavato i nostri pensieri, abbiamo steso al sole le nostre preoccupazioni, le nostre paure e i nostri orizzonti incerti. Abbiamo fatto prendere aria ai nostri percorsi interrotti per accorgerci con gioia, che un filo rosso ci lega e che quei percorsi non si sono mai spezzati. Li abbiamo riannodati con naturalezza, senza alcuno sforzo.
Ho rivisto tutti. Le esistenze di queste persone a me care si rincorrono e si rigenerano anche quando io non sono fisicamente con loro. Vanno avanti, ma ci sono. Ci sono tutte nella loro unicità e originalità. Piccoli vari universi si evolvono e si intrecciano e nell’intersecarsi sprigionano le proprie energie in modo sempre inedito.
Nuovi piccoli pianeti entrano in queste galassie già precostituite e ne variano, a volte anche solo per alcuni istanti, le orbite. Proprio come è successo a me.
Forse non ci rivedremo più, forse rivedrò invece il tuo sguardo stanotte, in uno dei miei sogni. Quello che è certo è che quella sensazione indefinibile, che mi ha detto che ora davvero posso ricominciare, rimarrà con me per sempre. E fosse solo questo, mi basterà.

sabato 5 dicembre 2009

La settimana della grezza

Benvenuti a questo esilarante post della settimana. Diciamo che si è conclusa la settimana della grezza e se n’è aperta un’altra che ho definito della simil-sindacal-follia. Procediamo con calma e analizziamo le due clamorose grezze che ho fatto. Buon divertimento!
Episodio 1:
Come ogni autunno, oltre ai milioni di impegni che mi prendo, cerco di portare avanti le ormai scarse conoscenze della lingua giapponese tentando di fare un po’ di traduzioni per il TFF. Quest’anno però si sono scatenati mi hanno letteralmente sommerso di traduzioni che io nei ritagli di tempo non sari mai riuscito ad ultimare da solo, quindi mi sono messo alacremente alla ricerca di altri traduttori. ebbene, amiche!, come potete immaginare trovare dei traduttori dal giapponese (magari capaci pure di adattare in sottotitoli) e liberi da impegni in quei giorni non è stata esattamente una passeggiata. Ad ogni modo la prima che mi è venuta in mente è stata M. che, attente/i, tornerà nella seconda parte di questo meraviglioso post. Mi sono messo alla ricerca di ulteriori persone e su consiglio di una mia ex prof. dell’università reperisco un altro traduttore.
Per una serie di circostanze fortuite, che non sto a dirvi, insomma gli dico di venire in ufficio da me, visto che stava nelle vicinanze ed era privo di cellulare al momento. Si presenta e mi dico… eccallà! E’ gay perso!
Una settimana dopo mi manda una mail il tipo in cui mi dice: ho perso i tuoi contatti mi ridai il tuo telefono. Glielo ridò. Il povero mi cerca insistentemente al telefono, ma voi che mi conoscete sapete che in questo periodo sono in costante frenesia… ad ogni modo a un certo punto lo becco al telefono e mi dice che dallo staff gli hanno conteggiato meno sottotitoli, che non sa come fare per fare notare la cosa, che era molto in imbarazzo e che si era persino fatto aiutare…
X: “E sì, per che sai… mi sono dovuto persino fare aiutare da mia moglie…”
S: “DA CHIIIIIIIIII????????”
X: “Da mia moglie… lei è giapponese!”
Ambè stiamo freschi… E questa è la prima.

Qualche giorno dopo viene M. a cena a casa mia e le racconto questo meraviglioso episodio. Lei mi dice che naturalmente sono unico più che raro… e forse ha proprio ragione.
Dopo cena davanti a qualche bicchiere di birra, prendo una scatoletta di giada alla quale sono molto affezionato e alla quale tengo molto!!
S: “Sai, ci tengo proprio a sta scatoletta. L’ho cercata in lungo e in largo fra le scatole quando era qui mia madre dopo il trasloco, poi alla fine l’ho ritrovata… Meno male. Mi piace proprio da morire… Ma sai una cosa? Non mi ricordo proprio chi me l’ha regalata…”
M. “Salva… veramente… te l’ho regalata io!”
Ottimo… diciamo che con questa ho proprio chiuso. E non ho potuto fare altro che farmi perdonare dalla povera M. con mezza Sachertorte appena giunta fresca fresca di un paio ore di aereo da Vienna.
M., ma mi hai perdonato?
Forse farò anche io la fine di Marrazzo e scriverò al Papa per farmi perdonare dei miei gravissimi peccati di gola. Li mortacci sua.

sabato 21 novembre 2009

Stoccolma, 1632 (oppure ore 16,32)


Scommetto che non vi è mai capitato di cenare nel 1632. Scommetto anche che non vi è mai capitato di cenare sotto un vascello di 1200 tonnellate di stazza risalente a quell'epoca... e se non vi è mai capitato nulla di ciò, allora abbiate pazienza e leggete queste poche righe qua sotto. Vale la pena andare a Stoccolma, fosse solo per andare al Vasa Museum.
Beh vedete, nel mio dialetto abbiamo un proverbio che dice "quando la gallina se ne va in giro, torna con il gozzo pieno o con un'ala rotta..."
Eccovi un po' di storia di questo vascello sotto il quale ho cenato con l'allegra compagnia degli amici e colleghi che hanno partecipato con me all'Equality Summit a Stoccolma.

"Il 10 agosto 1628, un gruppo di navi da Guerra reali salpò dal porto di Stoccolma. Tra esse giganteggiava il Vasa, da poco varato e battezzato in onore della dinastia regnante. La solenne circostanza fu sottolineata con la salva sparata dai cannoni del vascello, che sporgevano dai portellini aperti su entrambe le murate.

Mentre il maestoso vascello si faceva largo lentamente verso la bocca del porto, una raffica di vento levatasi all’improvviso lo investì in pieno. Il Vasa ondeggiò, tuttavia riuscì a raddrizzarsi nuovamente. Ma nulla potette contro una seconda raffica folgorante, che lo costringeva su uno dei suoi fianchi. L’acqua penetrò attraverso i portellini dei cannoni aperti. Il Vasa colò a picco sul fondo, portando con sé almeno 30, forse 50, dei 150 uomini della ciurma. Infine, ci vollero 333 anni
prima che il Vasa rivedesse la luce."

giovedì 12 novembre 2009

Eyes wide open



Mi sono perso ancora una volta per i vicoli di Gerusalemme ieri sera. E mi sono innamorato di nuovo.
Ho deciso di postare questo testo a distanza di oltre un anno. Chi conosce il film di cui all'oggetto, capirà il perché.

PS IL film ha vinto il Med Film Festival!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Basta un prima e furtiva occhiata alla folla dell'aeroporto Ben Gurion in Israele per rimanere colpiti dall'incredibile congerie di facce, suoni, colori, odori, sapori, emozioni frutto di un melting pot unico ed inimitabile che accompagna il visitatore durante tutta la sua permanenza nel paese.
La vacanza è stata suddivisa in 5 giorni a Tel Aviv e altrettanti a Gerusalemme.

Gli israeliani vanno in giro per il lungo mare di Tel Aviv con il cellulare ficcato nell'orecchio ed il vivavoce attivato. Verrà da pensare che c'è un problema di udito diffusissimo in tutto il Paese. Non sono riuscito ad approfondire questo aspetto anche perché, onestamente, un viaggio in Israele offre tanti di quegli spunti di riflessione che soffermarsi su uno solo di essi per più di 10 minuti, risulta una perdita di tempo.

Cinque giorni a Tel Aviv e cinque giorni a Gerusalemme con un'incursione di una giornata sul Mar Morto sono stati sufficienti per vivere le contraddizioni persistenti ed il fascino di questo luogo sacro alle tre religioni monoteiste più importanti del mondo e tanto controverso per la complessità politica che lo caratterizza. Me ne sono tornato a casa con un bagaglio di notizie molto ricco riguardo Palestina ed Israele e dal vivo ho avuto modo di dare un contorno alla mia sensibilità riguardo la questione palestino-israeliana, senza riuscire però ad assumere una posizione in merito. Se non un sentimento di contraddizione, appunto.

Tel Aviv è una città mediterranea, moderna, tecnologizzata ed aperta. Il suo multiculturalismo è sicuramente l'aspetto più forte, più visibile e presente. Una folla oceanica che si muove sul lungomare da nord a sud da sud a nord. E si muove in vario modo.
Facendo jogging con un i-pod nelle orecchie, sulla sedia a rotelle, sfrecciando su pattini ed altri aggeggi a rotelle non meglio identificati, passeggiando mano nella mano, parlando col vivavoce al cellulare. Il tutto sotto lo sguardo, a volte molto annoiato, di militari con tanto di mitra spianato, dispiegati lungo il marciapiede ed elicotteri apache che da nord (Libano) viaggiano verso sud (striscia di Gaza) e viceversa. Un continuo flusso di aerei civili e militari che solcano il cielo del mare meraviglioso e pulito della costa e delle sue spiagge bianche verso una pista di atterraggio accompagneranno ogni singolo momento trascorso sul lungomare. E alla fine quasi si finisce per sentirsi protetti da quei rombi di motori, addormentandosi mentre i bagnini ad alta voce attraverso megafoni redarguiscono i bagnanti più arditi che sfidano le bandiere rosse, per la verità molto frequenti.

Immaginerete che oltre alle passeggiate sulla spiaggia, ci sia anche di più. Un po' di storia e di arte, non molta a dire il vero. Giaffa è il gioiello della città, un'antica roccaforte portuale nata su uno spuntone roccioso proteso sul mare dove campane di conventi e muezzin che invitano alla preghiera si fondono con il rumore delle onde. Assolutamente da non perdere il tramonto, buttati sul prato dei giardini di Giaffa a prendersi qualche minuto di pausa da se stessi ed una cena in uno dei mervigliosi ristoranti. Aladin, ristorante sulla piazza di Giaffa con terrazza mozzafiato e vista su Tel Aviv vi farà mangiare pesce in abbondanza e antipasti orientali a volontà a circa trenta euro (in due!). Più giù vicino alla piazza della Torre dell'Orologio invece mangiate uno Shakshuka e non perdetevi l'hummous del ristorante Shakshuka gestito da beta-israeli, israeliani etiopi (eh sì, ci sono anche quelli!).
Se poi volete spendere un po' di più e non allontanarvi da Tel Aviv passeggiate sul lungo mare e arrivate a Manta Ray, elegante ristorante con patio sulla spiaggia dove la cucina israeliana si fa raffinata e anche il servizio, di solito scontroso e poco cordiale in tutto il Paese, è di grande livello.



Gerusalemme è tutta un'altra storia. Non appena arrivati ci si accorge subito che questa è una città santa. Ebrei ultraortodossi si muovono in clan familiare con padri giovanissimi, due o tre figli e una moglie regolarmente incinta. Donne musulmane non di rado con il chador e cristiani delle più varie confessioni che si aggirano per le strade alla ricerca di santità.

Jaffa Road l'avevo conosciuta per via dei giornali qualche giorno prima della partenza. La strada era in completo rifacimento: stanno impiantando le rotaie per fare scorrere in mezzo alla strada un veloce tram. È tutto un via vai di operai, ruspe, bulldozer, polizia, militari, ambulanze e sempre mitra spianati.Gli stessi con i quali dieci giorni prima della partenza avevano fatto fuori un attentatore palestinese a bordo di un bulldozer che aveva cominciato a ribaltare macchine e fare strage per la strada uccidendo una decina di passanti.

Ma queste erano solo immagini nella mia testa; la città ci ha dato ben altre emozioni.

La prima serata l'ho passata sui tetti. Vi direte che sono il solito esagerato. No, no. Si può fare davvero una passeggiata sui tetti e vi assicuro che è il modo migliore per cominciare la visita a questa città. La sera fa fresco e salendo sui tetti il fresco diventa quasi freddo. Ma ci si dimentica di tutto, persino del tempo, perché la vista che si ha da questo punto è qualcosa di indescrivibile. Come lo è Gerusalemme in sé.

Entrando dalla Porta di Giaffa tirate dritto su King David St. e poi all'ultimo incrocio sulla destra troverete una scaletta di ferro. Saliteci e il gioco è fatto. Buona passeggiata; sui tetti.

Non ho potuto fare a meno di chiamare a casa per descrivere ai miei l'emozione. Mio padre l'ha detta giusta…."Il Papa non era mica fesso a voler conquistare Gerusalemme"…

Ora è Gerusalemme che conquista i visitatori credenti, non credenti, atei, agnostici o miscredenti che siano. La Cupola della Roccia, il Muro del Pianto e il Santo Sepolcro con la Via Dolorosa sono i must, da vedere e rivedere.

Ma le vie di Gerusalemme e i monumenti "minori" sono sicuramente la parte più interessante. Ci si perde sempre e di continuo nella città vecchia. Ma non bisogna demordere. Siate testardi ed ognuno di voi troverà una sua Gerusalemme.

La mia l'ho trovata una sera, mente disfatto guardavo da fuori le mura verso la città nuova brulicante di bar aperti fino a tarda notte e studenti americani che in orde affollano le strade del centro sbevazzando qualsiasi cosa che contenga un filo di alcol.
Un mulino a vento olandese. A Gerusalemme c'è persino questo.

3 CONSIGLI PER CITTA'

Tel Aviv
1. 4 giorni a Tel Aviv sul mare; cercatevi un appartamento in riva al mare, costano poco e vi permettono un ottimo relax.
2. Andate a Giaffa sul fare della sera verso le 5 e passateci a serata intera
3. Mangiate al ristorante Manta Ray; prenotate prima se volete un tavolo sul meraviglioso patio

Gerusalemme
1. Prendete un albergo non troppo lontano dalla Città Vecchia
2. Girovagate ore ed ore nei vicoli; fermatevi, sedetevi, ricominciate e non demordete
3. Il melting pot culturale è tutto racchiuso nel Focaccio, un ristorante vicino Ben Gurion St. che non potete mancare; il menù è qualcosa di più che un tour per Israele

lunedì 9 novembre 2009

MedFilmFestival - Da Mutluluk in Viaggio verso la Mecca


Sono sempre rimasto colpito dalla capacità che ha l'arte di sorprendermi e allo stesso tempo di trasportarmi. Meno male che estiste l'arte, in tutte le sue forme.
In costante ricerca e riscoperta delle identità umane, le immagini di queste pellicole cinematografiche scavano solchi profondi che poi mi tocca riempire con i miei vissuti, con le vite delle persone a me care, con le gioie e i dolori derivanti dalle esperienze passate.
In Turchia si combatte in una costante oscillazione tra le ragioni di uno stato laico e quelle di una tradizione religiosa profondamente secolare.
Un viaggio, la vergogna, la disperazione di luoghi sperduti che niente hanno a che vedere con la vitalità e vivacità di Istanbul. Due occhi che guardano fuori da un treno in corsa che pare non volere giungere a destinazione.
Eppure Mutluluk significa "bliss", ovvero gioia.
Livaneli con genialità mi ha fatto vivere emozioni e desideri che mai avrei potuto sperimentare. Un anno fa.
Adesso ho intrapreso un viaggio verso la Mecca. Un viaggio certamente spirituale, ma anche materiale per molti versi. Un viaggio fisico che compio adesso, ma di cui ignoro l'inizio.
Non c'è bisogno di essere religiosi per viaggiare verso la Mecca. Il mio spirito di migrante ha subito compreso che non c'è altro tempo da perdere. Devo partire adesso e ora.
Migrazioni fisiche hanno lasciato segni riconoscibili nel mio DNA, le vedo ogni volta che guardo le mie mani. Vedo le miniere del West Virginia e il fumo delle fabbriche del Ruhrland. Migrazioni spirituali hanno segnato la mia mente. Le vedo ogni volta che dico una frase o che scrivo qualche cosa.
Ora è tempo di riconciliarsi con questi passati materiali e immateriali che si intersecano. Devo andare verso la Mecca, devo partire e ritornare.
Altrimenti, potrei persino svegliarmi un giorno e scoprire di esserci già stato.

mercoledì 4 novembre 2009

Stati vari di incoscienza


Volevo che arrivasse l'autunno. E forse ce l'ha fatta.
Attraverso Piazza Vittorio in questi giorni di pioggia e sento foglie cadere sulla mia testa sospinte da folate di vento. Non mi fermo nemmeno. Faccio incontri strani che vorrebbero riportarmi al passato, ma io con la mia musica nelle orecchie procedo verso le mie giornate.
Al mattino sembra che nulla possa fermarmi. I miei nuovi percorsi per arrivare al lavoro mi affascinano quasi. Spesso mi perdo negli sguardi delle persone, nel cattivo odore del vicino sul trenino, nelle letture della signora a fianco a me. E mi perdo per davvero, nel senso che non mi rendo conto del tempo che passa e quando mi sveglio sto già parecchie fermate dopo o sono persino arrivato e devo scendere.
L'altro giorno questa perdita di coscienza è durata più del previsto e sono sceso una fermata dopo la fermata di casa mia. Sono sceso dal mezzo e nonostante la pioggia ho deciso di fare una camminata. Così conosco un po' meglio il quartiere.
Mi sono addentrato in una stradina laterale. Schiamazzi di bambini, un bicchiere che si rompe e un motorino che percorre con una certa irruenza la stradina.
guardo i palazzetti della zona e vedo una signora affacciata al balcone. Ha una faccia decisamente triste. Penso che sia il tempo grigio che rende tutto più malinconico. O forse sono io che vedo tutto malinconico in questo periodo.
E invece no. La signora piange. Vedo delle lacrime scendere giù per il volto e non sono gocce d'acqua. E le lacrime vanno giù sul marmo del davanzale della finestra a confondersi con le gocce d'acqua.
E' qualche sera che le luci nei giardini di piazza Vittorio non si accendono. Quindi attraverso la piazza al buio. C'è un che di affascinante in questo percorso che dura un minuto e mezzo o poco meno. Mi guardo intorno, non riesco a distinguere le facce. Uomini, donne, bianchi, gialli, neri, alti, bassi, grassi e magri diventano tutti uguali. Vorrei spegnere le luci del mondo e lasciarlo al buio per un attimo e cancellare tutte queste odiose differenze fra noi. Mi abbandono ai miei sogni di un minuto e mezzo, al buio della piazza, ai miei vari stati di incoscienza.
Su quella panchina qualche giorno fa parlavo con M. Sulla stessa panchina adesso giace un corpo. Uno dei tanti disperati che affollano queste strade e davanti ai quali persino io mi sono ridotto a passare senza curarmene. O quasi.
L'altro giorno ho visto un ragazzo di colore seduto a terra con le spalle appoggiate contro uno dei lecci del parco. La testa sprofondata fra le ginocchia, sentivo persino i singhiozzi del suo pianto. Mi sono fermato per qualche secondo a guardarlo, sperando che alzasse la testa, per fargli vedere che non era solo che c'era qualcuno a cui importava la sua sofferenza.
Ha continuato a piangere e non ha alzato la testa.
Ho un'altra cazzo di giornata davanti.

domenica 1 novembre 2009

Flussi di coscienza dall'isola


I am a citizen of the planet
My president is Kwan Yin
My frontier is on an airplane
My prisons: homes for rehabilitating


Malta, ore 2.45

Una volta ho pensato che avrei voluto tanto essere seduto su una veranda ad ascoltare il rumore della risacca.
E' vero, forse è monotono, ma ogni volta ti racconta qualcosa di diverso. Una vita che non conosco si svolge oltre quest'acqua che si infrange contro gli scogli. E' fatta di suoni, di luci, di colori e di urla umane.

"L'hai visto?"
"Sì."
"Com'è andata?"
"Bene."
"Sta con qualcuno adesso?"
"No."
"E come mai? E' passato tanto tempo."
"Mi ha detto che non riesce a stare con nessuno. Quando conosce qualcuno, alla fine non fa che paragoni con me e rimane deluso. La delusione predomina e rimane solo."

Sono passato da questa veranda sul mare e ci ho lasciato un pezzettino di me stesso. Se la delusione potesse colmare il vuoto che mi separa dall'acqua, si trasformerebbe nei riflessi delle luci artificiali, in un'illusione.
E infatti si sta riflettendo nell'acqua e queste preziose illusioni alla fine mi danno quella vita che mi tiene in piedi.
Ieri ho visto un ragazzo. Era giovane. Guardava con una canna da pesca in mano un pesce che si dibatteva sulla pietra, morente. Si rigirava invano. E' morto soffocato.
Sono uscito di nuovo sulla veranda. Il ragazzo non c'è più. Non so dove sia andato. E come potrei saperlo? So solo che il pesce è morto soffocato.
Ora è tardissimo. Oppure è prestissimo. Dipende dai punti di vista.
Quello che è certo è che devo andare anch'io.
Ho un aereo fra quattro ore.

mercoledì 28 ottobre 2009

La casa vuota, sensazioni di un tempo che fu


Immagina di tornare a casa e non trovarci assolutamente niente dentro. Solo le pareti e nient’altro. Come se dei ladri avessero avuto modo di portarsi via davvero tutto, dalla prima all’ultima cosa.
Immagina cosa proveresti, oltre al senso di smarrimento iniziale. Ricordi faticosamente custoditi e riposti in ogni punto scomparsi nel nulla. Il vuoto di qualche parete bianca e null’altro.
Con il viso verso la parete, in ginocchio, non farei altro che piangere e piangere e guardarmi attorno smarrito. Rimpiangerei il mio passato, quello che le inutili suppellettili custodivano. Tutto cancellato come un colpo di spugna. Oggi mi sento così.

A volte vorrei davvero addormentarmi sulla tesa della mia giacca, mentre attendo che il treno parta. I minuti interminabili prima della partenza del convoglio si riempiono di un nulla coinvolgente. Poi comincia un movimento da cui vorrei farmi trascinare fino alla deriva, non so fin dove. Vorrei addormentarmi su quel treno e mai più scendere. Farmi trasportare in un luogo che non conosco e pensare a tutto ciò che ho perso lungo la strada.
Pensando a quelle pareti e al vuoto della mia casa, ormai spoglia di ogni cosa, che come un albero d’inverno, inerme, si mostra in tutta la sua fragilità. Alle ombre proiettate dalle finestre mi abbandono, mi trascinano in luoghi sconosciuti, le vedo, ma non si toccano. Eppure ci sono.

sabato 17 ottobre 2009

Quando si avrebbe troppo da dire

Quando si avrebbe troppo da dire, si finisce per il non dire nulla. Capita anche questo.
O per lo meno è quello che mi sta capitando in questo periodo. Ci sono così tanti eventi che hanno lasciato tracce profonde in questi giorni.

Da sempre ho immaginato come potrebbe essere la mia vita. Una domenica mattina per le strade del mio quartiere. Mi avvio per andare in bicicletta verso Piazza Vittorio. L'aria, limpida come perle di vetro, cade giù dal cielo e mi travolge nella sua luminosità. Sento che si sta avverando un sogno. Una di quelle fantasie che immagini, quando pensi a come vorresti la tua vita. Ed eccola che si avvera.
Non ci sono macchine in giro. E' presto, la città ancora dorme, il silenzio avvolge i rumori ovattati e delle campane rintoccano in lontananza. Le vibrazioni mi giungono come richiami alla quiete. Alla pace.
Pedalo sulla mia bicicletta e sento che davvero questo è un momento della mia vita che non dimenticherò.

2004. Sono affacciato su una finestra a Via Carlo Alberto, in un appartamento dove rimangono imprigionati gli anni più belli della mia vita. Anni giocondi, pieni, spensierati, intensi. Dalla finestrella osservo la strada e guardo Santa Maria Maggiore circondata dal solito andirivieni di turisti, di mille volti colorati, dal sole di un'estate che sta per arrivare. Affacciato da quella finestra, vedo vite che si lasciano trasportare negli autobus urbani, che attendono alle fermate che i mezzi arrivino. Penso: "Un giorno uscirò dal portone del mio appartamento, con la mia bicicletta, pedalerò per le strade della cità verso non so dove. Sentirò di avere un mio quartiere, una mia vita che si sta formando. Pedalerò spensierato, sotto la luce del sole e mi sentirò a casa."


Questa domenica mattina il fantasticare è diventato improvvisamente, inaspettatamente una fervida, felice, bella realtà. Sto pedalando per le strade del quartiere, sono uscito dalla porta di casa mia con la bicicletta in mano, sto andando verso Piazza Vittorio. Mi sento felice. Davvero.

Grazie ancora di avermi regalato non un semplice oggetto, ma un mezzo piccolo, forse insignificante all'apparenza, uno strumento che mi porta verso un pezzettino di felicità. Grazie A. Fa. Fe. Y., ancora una volta un pezzettino della mia vita si avvera nella sua gioia con voi, grazie a voi, insieme a voi.

lunedì 28 settembre 2009

Questa città dei cavoletti


"Questo è il momento perfetto per celebrare i piaceri del vuoto, per esaltare le virtù della tabula rasa, per aprirsi a possibilità infinite senza prendere nessun impegno, per crogiolarsi nella libertà di non dover essere nulla, nessuno, da nessuna parte."
Questi sono i consigli che vengono dall'oroscopo dell'Internazionale di questa settimana. Niente di più appropriato.

A Londra in questo momento andrei in giro ascoltando "This is the life" di Amy Mac Donald.
A Bruxelles in questi giorni vado in giro ascoltando "Not fair" di Lily Allen (hihihi).
A Roma andrò in giro nei prossimi giorni ascoltando "Optimistic" dei Radiohead.

Ricordo distintamente che l'ultima volta che mi aggiravo per questa città dei cavoletti era piovigginoso, una domenica mattina vuota e inutile in terra belga. Qualche mese fa. Non era un bel periodo, praticamente navigavo nella merda, ma non lo sapevo. Me la stavano per scaricare addosso mio malgrado!
Ricordo anche distintamente di aver mandato una mail a V.in cui gli scrivevo:
"Ogni volta che vengo in questa città dei cavoletti (mi piace molto
questo conio, non l’avevo mai chiamata così…) mi sento davvero strano.
È come se ci fossi sempre stato, come se nulla fosse cambiato da
quando l’ultima volta ci ho messo piede. Credo che in realtà, in un
mondo non troppo distante, ci sia un altro me che continua una vita
parallela da queste parti mentre io vivo nella capitale italiana."

E anche questa volta la sensazione non è cambiata. Mi ritrovo a girovagare per queste strade ormai familiari come se una parte di me ormai vivesse qui. Sono impegnato in diverse iniziative collegate al Forum Europeo della Cultura, dove vengo ormai da tre anni e mi aggiro per gli edifici che oramai conosco, quasi come conosco quelli di Roma. Chissà in un futuro non troppo lontano, effettivamente, potrei volere costruire un pezzettino della mia vita da queste parti.
Conduco una vita instancabile e mi lascio trasportare da un turbinio di passioni in questi giorni. Non ci capisco un granchè. E forse è meglio così, visto che quando credevo di capire, non capivo e quando credevo di non capire, capivo.
Passioni intellettuali mi sostengono durante i miei viaggi, passioni umane mi conducono durante le mie giornate.
Tutto è molto bello in questo periodo della mia vita. E non mi faccio troppe domande.
Anzi una la faccio a voi... Da quando vengo a Bruxelles non ho mai visto un cavoletto, nemmeno nei numerosi ristoranti dove ho mangiato.
Ma perché ci vendono le cose per quello che non sono? I cavoletti dove sono? Ma veramente "stat rosa pristina nomen"? Io a Umberto questa cosa gliela devo chiedere. Perbacco.

lunedì 14 settembre 2009

20.01.1.CD - Looking for Dubliners


Residenza numero 20. Piano 1. Appartamento numero uno. Stanza CD. Quasi quasi non ci credevo. Il viaggio per Dublino è lungo, quasi tre ore di volo, ma ne è valsa la pena. E' stata un'esperienza fantastica. Per due notti sono stato quasi come uno studente del Trinity College di Dublino. Inutile tentare un paragone con le nostre misere università. Sarebbe fatica sprecata, fate prima a dimenticare tutto quello che vi viene in mente di una nostra università e immaginare uno studente roscio irlandese che gironzola per i prati del parco interno curatissimo e in fiore, in calzoncini nei campi da tennis e per le residenze di una delle università più belle e più antiche del mondo.
La dichiarazione alla stampa è: "Ho dormiro a 200 metri di distanza dal Book of Kells." E naturalmente sono andato anche a vederlo. Non potevo non rendere omaggio a questo meraviglioso codice dell'800 che viene custodito in questo meraviglioso posto.
Il resto? Meraviglioso. Semplicemente indescrivibile, incluse le serate a tutta birra (nel senso più letterale del termine) a Temple Bar. Evito i particolari.
Il Book of Kells, dicevo. Incredibile, ma vero, dopo averci studiato per anni e fatto esami di filologia e storia germanica su questo codice antichissimo me lo sono ritrovato davanti agli occhi. Due minuti di apnea qando poi sono entrato nella Long Hall della Biblioteca del Trinity. Un'emozione indescrivibile. Migliaia e migliaia di codicie manoscritti antichi e pubblicazioni di vario genere suddivise in due piani sotto una volta in legno alta quasi 10 metri.
E poi il Forum degli Attivisti del Partito dei Socialisti Europei. Il motivo per cui sono andato nella città dei trifogli. Che onore parteciparvi e nei prossimi mesi ci sarà il congresso in un altro dei posti più belli d'Europa, Praga, dove andrò in ottima compagnia.
In Italia meno del 7% della popolazione fa volontariato e/o attivismo politico. Io sono uno dei pochi rimasti in vita evidentemente. E ne vado fiero e dico anche altro. Soprattutto a chi si sciacqua la bocca con le battaglie civili e politiche e poi invece può prendere la tessera onoraria del "Partito del sofà" come ci ha ripetutamente e argutamente insegnato Poul Nyrup Rasmussen (presidente del PSE) nei suoi interventi.
Attenti che a furia di sciacquarvi la bocca vi si consuma il palato e a furia di stare nei vostri comodi salotti, rischiate di ammuffire. Per qualcuno è persino troppo tardi.

mercoledì 9 settembre 2009

Pazienza

'Cause the scars run so deep
It's been hard, but I have to believe.
Have a little patience..." T. T.


Devo avere pazienza. I cambiamenti che stanno travolgendo il mio vecchio assetto di vita si stanno sedimentando. Piano piano tutto ritornerà in uno stato di quasi normalità.
La mia nuova sistemazione romana sta lentamente prendendo forma e sarà presto pronta ad accogliere feste con tutte le persone che mi vogliono bene, ad ospitare chi vorrà rimanere con me. La fatica di costruirsi un proprio posto è una delle esperienze più belle della vita. Una soddisfazione unica e piena, contro il senso dello sperpero e dell'usa e getta di oggi oppongo la mia capacità di costruire, resistere, rinnovare, modellare. E mi fortifico.

Il turbinio di eventi passati che sprofondano nell'oblio e il sorgere di nuovi mi destabilizza un po'. Questo è vero e lo devo accettare.
Intanto, mi si prospetta un mese pieno zeppo, programmato fino all'ultimo istante, minuto per minuto in cui non avrò tempo neanche per andare a fare una passeggiata al tramonto sui Fori Imperiali. Viaggerò, molto. Vedrò posti nuovi. Incontrerò molta gente. Parlerò formalmente e informalmente con tante menti, con tanti cuori. Soprattutto, imparerò.

Arriva la mia stagione preferita e insieme arrivano nuove emozioni, nuovi sentimenti, nuove passioni. Camminerò per le strade di Roma anche quest'autunno con un nuovo stato d'animo.
Le mie giornate si coloreranno del colore delle foglie degli alberi sui viali, i miei occhi si riempiranno del colore ambrato dei tramonti, le mie mani si tingeranno dei mille colori della pelle dei passanti per le strade multietniche del rione, il mio cuore si fonderà con le gocce delle prime piogge fresche.
Ricomincia la mia primavera, quando cadono le foglie dagli alberi. E i brutti vecchi ricordi, che stanno già marcendo, scompariranno come il vapore per lasciare l'aria che respiro ancor più limpida.
Guardo quegli occhi. E per ora mi basta. Devo avere pazienza.

giovedì 3 settembre 2009

Il bisogno della piazza


Crescendo, mi sono accorto che proprio non posso sopravvivere senza la piazza. E con questo non intendo chiaramente le allegre chiacchierate seduto al tavolo di un bar in piazza con davanti magari un buon bicchiere di vino, ma la necessità impellente di fare gruppo, di aggregarmi per manifestare, per urlare, per rivendicare.
Adesso mi spiego perché sono finito a fare quello che faccio nella vita.
Non posso vivere senza le lacrime che ogni tanto mi scendono quando ascolto qualche bravo oratore che dice proprio quello che vorrei dire io se potessi urlare da sopra un palco.
Non posso vivere senza la frustrazione e la rabbia che mi monta quando la piazzaviene delusa da un comizio troppo smorto o che non coglie il senso della protesta.
Non posso vivere senza che le mie emozioni trovino uno sfogo collettivo, si incontrino con gli occhi, con le voci, con le menti e con i cuori di tutti coloro che condividono una battaglia e con me scendono in piazza.

Si scende in piazza anche per commemorare. Come mi è successo quest'anno il 25 aprile, all'ombra della Piramide Cestia quando qualche partigiano rimasto in vita rievocava il percorso grazie al quale io sono oggi qui cittadino libero. Libero anche per l'appunto di manifestare.
La passione, la commozione, quella spinta forte, propulsiva che ti esce dal petto. La voglia di gridare, di riappropriarti dei tuoi spazi, di rivendicare di potere essere te stesso sempre e comunque, di non farti ricacciare nel buio da niente e da nessuno. E tutto questo non è solo un tuo sentire, ma un sentire collettivo, di chi in quella piazza sta con te.
Mi piace lottare. Chi mi conosce sa che sono un grande lottatore, che non mi fermo mai, che raramente qualcuno riesce a farmi desistere dal resistere e dall'impegnarmi. A volte questo mio aspetto è stato vilipeso. Ma l'hanno fatto persone incapaci persino di lottare per la propria felicità e che col senno di poi mi hanno fatto capire che ancor più prezioso per me, prima che per chiunque altro, è questa mia capacità di resistere e lottare. E io lo farò, come lo sto facendo in questi giorni in ogni ambito della mia vita.
E allora scusate, devo andare! Torno in piazza!

PS Mi segnalano che qualcuno si vanta del fatto di avere mostrato a me che a Roma si può non aver paura e vivere allo scoperto. Io faccio manifestazioni i ogni genere dal 2002 e anche se vengo dalla Calabria e sono piccolo, sporco, ignorante, brutto e cattivo, non ho avuto certo bisogno delle lezioni di emancipazione degli snob viziati romani per vivere la mia vita apertamente e fare quello che ritenevo più opportuno.

lunedì 31 agosto 2009

Poesia

"Ti amo come se mangiassi il pane
spruzzandolo di sale
come se alzandomi la notte bruciante di febbre
bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
ti amo come guardo il pesante sacco della posta
non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
pieno di sospetto agitato
ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo."

Nazim Hikmet

Da oggi, vigilia del mio capodanno ci sarà sempre poesia nelle mie giornate. E sempre diffidare di chi la poesia non la apprezza, o peggio la disprezza.

giovedì 20 agosto 2009

Tsuru-tsuru vacanza - Unsent



"Alice had got so much into the way of expecting nothing but out-of-the-way things to happen, that it seemed quite dull and stupid for life to go on in the common way." (L. Carroll)


Cara A.,

grazie del tuo ottimismo, dei tuoi sorrisi e della tua forza d'animo. Hai dato i calci giusti nei momenti giusti e hai arricchito le nostre giornate con stimoli di buonumore, hai saputo versare il condimento della serenità sui nostri animi talvolta spenti. Ricorderò con gioia le nostre chiacchierate vivaci al chiaro di luna sulla spiaggia a guardare una striscia opaca di luce immersa nel mare, i nostri sguardi incuriositi verso i bagnanti, le nostre lotte nella sabbia, ballare con te danze folli, vederti leggere le mie cose. Ma più di ogni altra cosa ricorderò il saluto che ci hai lasciato "Ricordate sempre che come c'è gente di merda in questo mondo, esiste gente meravigliosa come noi!".

Cara F.,

grazie dei tuoi silenzi, dei tuoi sguardi riflessivi e delle tue giornate trascorse in tranquillità. I terremoti del nostro passato non ci hanno abbattuti e anche questa prova è stata superata. Adesso abbiamo la certezza che possiamo resistere ancora, andare avanti e non farci abbattere, ma che anzi c'è sempre qualcosa di entusiasmante che ci aspetta. Queste giornate trascorse insieme mi hanno fatto riscoprire la forza di una legame di amicizia che resiste alle intemperie, si trasforma, si modifica e si trasforma. Si evolve e diventa ogni volta qualcosa di nuovo. Anche domani.

Caro F.,

grazie per le tue manie, le tue piccole ossessioni, il tuo sentirti incompleto. Grazie per la tua capacità di ascoltare, anche chi a volte parla più del dovuto. Ricorderò sempre il nostro bisogno di fuggire dalla realtà, l'elaborare in comune le sofferenze, il volerle comprendere e, a volte, il soccombervi. Questi giorni mi hanno insegnato che ci possiamo dare reciprocamente delle piccole spinte, che possiamo sostenerci a vicenda quando stiamo traballando. Ora è tempo di reagire, di andare oltre, verso una nuova fase. Ci siamo noi, per noi: ricordiamolo sempre. Grazie per le nostre passeggiate notturne e le nostre gare strampalate e viziose. Grazie di aver osservato un cielo immenso insieme a me e di averlo affrontato.

Cara Y.,

grazie per le tue lacrime, per i tuoi entusiasmi, per l'esserti sempre adeguata ad ogni scelta. Ti sei sentita a casa, mi hai detto in aeroporto. Grazie delle tue parole misurate, degli ideogrammi scritti sulla sabbia, dei proverbi che mi hai insegnato, delle esclamazioni per il cibo mangiato (Yabeee!!). Ricorderò sempre le nostre risate in una nottata di ferragosto alla birra, i nostri sguardi complici, la capacità di obnubilare e analizzare un passato che ancora ci lega.
Grazie di avere condiviso con me momenti tristi, intimi e personali del tuo vivere. Mi sono sentito un po' un tuo fratello e spero di esserti stato vicino proprio come se lo fossi.

Cari A, F, F, Y,
questa tsuru-tsuru vacanza non me la sarei mai aspettata. E' stato il regalo inatteso di un annus horribilis. Con agosto ho cominciato la mia vita nuova e non poteva cominciare meglio. Avete dato linfa alle mie giornate estive, sempre odiate e mai amate. Avete dato linfa alla mia nuova vita che comincia da adesso, energia al mio spirito affaticato, aria al mio cervello stanco e oppresso.
I regali inattesi sono i più belli, proprio come questa vacanza, che avevo immaginata qualche mese fa in tutt'altro modo. Sicuramente è meglio così, mi avete arricchito, mi avete fatto sentire a casa mia fra le vostre case, fra i vostri complicati mondi. Mi avete fatto riconciliare con questa terra con cui ho un rapporto sempre estremamente complesso e faticoso.
Le vostre risate, i vostri sorrisi, i vostri messaggi che mi hanno fatto piangere e sorridere, sperare e lottare mi accompagneranno a lungo e si confonderanno con le immagini assolate di questa terra battuta dal sole e levigata dal vento.

venerdì 7 agosto 2009

Un nuovo capitolo

"Ho impacchettato tutto
e bruciato nel fuoco
e c'ho ballato intorno
ti sembra poco
e non ho fatto i conti
non voglio piu' sapere
se e' meglio dire
o fare per esistere
Non sento piu' le lacrime
scendono giu' le lacrime" (Nada, Guardami negli occhi)

"...someone help me find the pause button..." (Alanis Morissette, Tapes)


E' ora di prendermi una pausa. Devo riaprire un nuovo capitolo e, prima di fare quest'operazione decisiva e complicata, devo necessariamente prendermi una pausa.
Ho fatto tutto quello che dovevo, ho superato mille difficoltà, ho superato anche me stesso nella resistenza alla stanchezza e ai colpi mortali che le giornate, la quotidianità mi hanno assestato.

Camminavo nel nuovo quartiere. Non conosco i nomi di tutte le strade. E' quel momento della giornata in cui non si capisce bene se il giorno ha già ceduto stanco alla notte, oppure se la luce oppone resistenza alla notte perché vuole sopravvivere. Mi sento osservato.
Le strade sono quasi deserte. Solo in fondo sento un vociare. E' l'isola pedonale del Pigneto.
Degli abbaglianti mi inseguono e distraggono la vista che si confonde tra i muri del Mandrione e le luci rarefatte che inseguono il luccichio dei binari. Quanto vorrei essere su un treno... quanto vorrei essere un treno. Gli abbaglianti ritornano. Vedo due figure fugaci, scure, color ebano. Due ragazzi di colore scappano; sono inseguiti da una volante. Mi si stringe il cuore, voglio fare qualcosa, ma non posso. Rimango immobile e vedo che uno dei due lancia la busta che ha in mano e si butta giù da un ponte verso i binari. Mi giro, chiudo gli occhi. Non voglio vedere, non posso vedere.
I palazzi sono semi-vuoti. Dalle stradine delle case del Pigneto fuoriescono i vagiti di una vita ridotta al lumicino dall'indolenza estiva. Mi guardo attorno, respiro i profumi. Ascolto i rumori e i suoni. Da una finestra Pavarotti intona un'aria. Non ricordo più quale. Mi piace pensare che fosse un'aria della Carmen.
Mi sento seguito. C'è una strana presenza che mi guarda. Non so chi è, non so cos'è, non so cosa vuole da me. Sento occhi che mi scrutano.
Arrivo all'isola pedonale. Un sacco di gente, come sempre. Nessun volto noto. Penso di desiderare con forza una bicicletta. Voglio arrivare ovunque nel quartire con la bici e ora ho anche il parcheggio sicuro dove lasciarla. La gente gozzoviglia, sbevacchia, si corica a terra, fuma, chiacchiera, strilla. Crocchi di varia umanità si formano. Non mancano mai in quella zona i gruppi di pseudo-intellettualoidi dallo stile fallito/svampito. Li detesto. Mi giro e li guardo con un po' di disgusto.
Torno indietro. Sono stanco, ho camminato molto, voglio adesso farmi strada verso casa. Mi sento osservato. Troppo. Mi sento guardato nell'intimo, ho bisogno di capire.
Sono sul ponte della ferrovia. I treni che vanno e vengono da Fiumicino Aeroporto verso la Sabina e viceversa fanno su e giù. Mi fermo su questo ponte e penso.
Penso all'anno scorso quando proprio a quest'ora della sera la magia del mondo si è riversata e rappresa in in momento durato qualche minuto. Mi si è scolpito nella mente: passeggiavo sui tetti. Una fusione di anime, di anima e di sensazioni. Sono morte, non torneranno mai più. Celebro un funerale intimo e commosso. Arrivato a casa accenderò un incenso.
Mi fermo e mi appoggio ala rete. Guardo in basso i binari, non vedo nessuno. Guardo in alto.
La luna.
Cattiva, misteriosa, quasi piena. I suoi mari affondano nelle mie pupille e le sommergono di luce. Mi osserva, mi protegge, mi insegue.
Eccomi. Le faccio un largo sorriso e la ringrazio. Continuo a sorridere. Poi cammino.
Saluto il mondo e ricomincio a camminare da dove sono venuto.
Vado a casa.

lunedì 3 agosto 2009

Una piccola aggiunta

Quando ho scritto il post precedente ero evidentemente molto stanco (come lo sono ora del resto...) e mi è sfuggita l'elaborazione compiuta dell'ultima parte. Quindi se non avete letto il post precedente, tornate indietro. Sorry!

La nostra vita non è più né lineare né ciclica, dice Bauman. Se una volta era nascita-infanzia-adolescenza-famiglia-amore-nuova famiglia-figli-vecchiaia per poi cominciare un nuovo ciclo, adesso non si sa più bene che cos'è il ritmo della vita. Bauman definisce il nostro modo di esistere contemporaneo, come "puntillistico" in contrapposizione alla linearità o ciclicità che dicevo prima.
Mi si sono illuminate una serie di coni d'ombra. A questa interpretazione non ci sarei mai arrivato. Quindi effettivamente la tirannia dell'effimero, del tutto è passeggero e non si fanno investimenti in niente e nessuno, il si programma solo per oggi e si pensa al massimo al domani letterale è pratica comune, diffusa e perpetrata anche con violenza e cattiveria da molti. Dalla massima parte delle persone, vorrei dire. Adesso capisco anche il prezzo carissimo che pago per non conformarmi alla tirannia dell'effimero e alla condanna al puntillismo.
Io non voglio essere così e non lo sarò mai. Quindi scusate se ogni tanto mi leggerete lagnarmi per quello che mi accade, ma non può che essere così.
Io detesto la televisione. Nella nuova casa ho scelto di non averla. Immaginate quanto possa detestare la pay per view. E immaginate quanto possa detestare una vita fatta in stile pay per view.
Tanto i soldi ce li ho, sto film fa cagare. Spengo, pago e ne rivedo un altro. Chissà magari è migliore e anche se quello mi piaceva 9 su 10 può sempre andarmi bene e beccarne uno da 9 e mezzo...
Ma forse no.

giovedì 30 luglio 2009

La tirannia dell'effimero

"La nostra identità di persone, ieri faticosamente costruita su un progetto di vita, può essere oggi assemblata e disassemblata in modo intermittente e sempre nuovo, alla stregua di un pacchetto pay per view". Zygmunt Bauman

Mi sento come se fossi cresciuto di dieci anni in pochi giorni. E non intendo con questo che mi sento invecchiato fisicamente; no, mi sento cresciuto nel vero senso della parola. Questa settimana mi ha riservato veramente delle sorprese e questo potrebbe essere in qualche modo connesso al passo importante che sto per compiere.
Sono state giornate importanti per la mia vita e temo di averne ancora qualcuna davanti.
Sono venute alla luce delle questioni dirimenti per il mio futuro e anche per il mio passato, con cui ho ancora evidentemente qualche problema da affrontare.

Ne affronto almeno due.

Quattro impiegati di una banca furono sequestrati da due rapinatori. Una volta rilasciati, gli impiegati anziché criminalizzare il gesto, sono arrivati persino a difendere i rapinatori e a solidarizzare nei loro confronti. Una di loro, in particolare, dopo lil rapimento arrivò persino a intrattenere una relazione amorosa con uno dei due rapitori che continuò per molti anni dopo l'evento criminoso.
Ecco la mia malattia, finalmente l'ho identificata: la Sindrome di Stoccolma.
Mi sento perseguitato da una serie di eventi nefasti che condannano l'aria che respiro a essere velenosa e irrespirabile. Comprendo chi sono i colpevoli dell'inquinamento dell'aria che respiro e anche se faccio finta di averli eliminati dalla mia esistenza, in realtà, solidarizzo con loro.
Cerco di scavare più in profondità in questi baratri che si aprono, ma trovo solo strati di polvere che mi intossicano ancora di più. Richiudo quindi le botole che ho faticosamente aperto e mi arrendo, ansimante, a cascare sul suolo. Inerme.
Devo adesso capire chi è stato il mio sequestratore, emanciparmi dall'illusione che tali persone possano avere svolto un ruolo positivo nella mia vita e condannarle alla pena che meritano. La reclusione, la gattabuia in cui la dimenticanza diventa la miglior vendetta.
Non c'è niente di più crudele che cancellare un ricordo indelebile.

La seconda questione.
La introduco con una delle mie tante (ec)citazioni. "Ho corso sudando così tanto nella mia vita, alla ricerca affannosa di un traguardo e allo stesso tempo ho sempre trascurato la gioia di essere sempre incompleto."
Ho vissuto di corsa. Sono cresciuto in fretta, come un virgulto che costretto in una gabbia di cemento rompe l'asfalto con la forza delle radici. Ho rotto il cordone ombelicale ancora prima di uscire dall'utero di mia madre. Mi sono emancipato dai lacci familiari senza averne mai capito i limiti. Ho fatto finta di avere la forza di poter affrontare una vita da adulto, quando ancora non ero che un bambino. Mi sono illuso di poter sostenere carichi enormi, quando non sono che una formichina smarrita.
Ora devo fermarmi. Devo riflettere. Devo confrontarmi.
C'è stato un incontro in questi ultimi giorni della mia vita. Parafrasando il mio sogno/incubo perpetuo, ho trovato una terra sconosciuta che devo adesso pian piano esplorare e che mi intriga. Ci vorrà del tempo, questo lo so già; e me lo prenderò tutto questo tempo, frapponendo un lento lavoro di crescita e di analisi.

lunedì 27 luglio 2009

Ready for the move


Mi sento risucchiato in una sorta di vortice di follia. In queste giornate torride espleto con fatica i miei doveri quotidiani e le (poche) serate che non trascorro fuori le passo in casa, anzi, sarebbe meglio dire, per casa. A prendere dieci anni di vita e costringerli in degli scatoloni di cartone.
Ma non tutti i dieci anni di vita vanno in realtà a finire là dentro. Opero una selezione scientifica degli oggetti vari che si sono annidati in questo appartamento. E più scavo fra le fratte di questo appartamento, più dal profondo riemergono i ricordi e a volte i mostri. Mi fermo di continuo a osservare, leggere, guardare, annusare, fissare. Queste "preziose illusioni" del passato mi commuovono, mi fanno arrabbiare, ridere, piangere, disperare, gioire.

Allora devo decidere e impormi un'opera di lavaggio, come un bagno nel Gange, una sorta di lavoro tantrico, di pulizia dell'anima. Buttare, tenere o rispedire al mittente. Queste sono le tre operazioni che mi consentono di procedere in questa riforma spirituale che mi attende fra esattamente una settimana.
Buttare tutto ciò che non serve più, oggetti semplicemente inutili che non voglio fare la fatica di conservare. E fare ciò rispettando le più ferree e rigide regole del riciclaggio non è un'operazione esattamente semplice. Buttare ciò che è legato ad avvenimenti nefasti o negativi, perché vadano (insieme alla gente a cui sono legati) a finire nel posto a loro dedicato: i cassonetti della spazzatura. Ci vuole coraggio, ma meno male che in questo periodo mi riesce più facile del solito eliminare!
Tenere è l'operazione più complicata, anche perché devo ragionare in funzione degli spazi che il mio nuovo luogo mi imporrà. Tengo la bellezza dei momenti vissuti in un passato che mi sembra remotissimo (le foto con C. a Perpignan, il reagalo che mi fecero i colleghi dell'università nella data occasione, il libriccino di appunti di quanto studentello scemetto aspettavo il tram all'università, la foto del mazzo di fiori che mi fu inviata il giorno del mio 20° compleanno, la foto a Piazza Esedra con R. quando eravamo bambini e contenti, il peluche canadese che L. mi donò prima di andare via etc...)
Rispedire al mittente è stato duro, faticoso, a volte disumano, ma indispensabile. Riemergono aggetti appartenuti a chi a vario titolo è transitato per questa casa e che non mi sento in diritto di buttare perché magari penso che la controparte possa (ipocritamente) esserci legata da una qualche pulsione affettiva. Allora a voi destinatari decidere quel che volete fare. Per me sarebbero finiti nel secchione, dò quindi a questi oggetti una seconda tristissima possibilità di vita.

Il fenomeno catartico è quasi giunto a compimento. Gli scatoloni aumentano a vista d'occhio, si sovrappongono come gli entusiasmi di questo periodo della mia vita. Rielaboro, pulisco, mi consumo di un lavorio intimo e lo faccio in estrema solitudine. Grazie a tutti gli amici e a tutte le amiche che mi hanno proposto di darmi una mano e scusate se ho rifiutato il vostro aiuto.
Perdonatemi, ma questo è un po' più di un semplice trasloco... non sto spostando solo oggetti, ma sto spostando il baricentro della mia vita per trovare un punto più vicino a quell'equilibrio cui mi avvicino sempre più e che un giorno spero di afferrare.
Ready to move ON!

mercoledì 22 luglio 2009

Le favole non dette

"Le favole non possono essere straziantemente realistiche. O almeno così credevo, prima di leggere le favole di Wladimir Luxuria.
Favole strazianti, dicevo. Perché raccontano il male di vivere quotidiano e oggettivizzato di chi viene additato come diverso. Perché ha la pelle nera, perché è disabile, perché ha un orientamento sessuale diverso dal mio. Straziante è la solitudine, l'isolamento, la violenza, il senso di straniamento che subiscono i personaggi "atipici" di queste favole.
Realistiche perché, come le migliori favole che la letteratura mondiale ci ha lasciato in eredità - vedi Esopo o Lafontaine -, raccontano dietro il pretesto della "favola bella", una realtà pericolosamente vera e cruda.
Mi sono fatto una domanda e mi sono dato una risposta, quando ho saputo che Wladimir aveva scritto un libro di fiabe.
Perché mai l'autrice ha deciso di scrivere delle favole? Si nasconde dietro questa scelta forse un intento pedagogico, vista la sua lunga battaglia per i diritti civili?
In fondo tutti, ad ogni età, abbiamo bisogno di favole e di qualcuno che ce le racconti.
Forse oggi più che mai, perché abbiamo bisogno di pretesti per evadere da questa realtà caratterizzata da una profonda crisi, valoriale, economica, culturale.
Wladimir, perché queste fiabe?"

In molti mi hanno chiesto come fosse andata la presentazione del libro che ho avuto il piacere di moderare il 20 luglio alla Festa dell'Unità (mi rifiuto di chiamarla democratica, perdonatemi). Eccovi la mia introduzione, per il resto peccherei di imparzialità se vi dicessi qualsiasi cosa sul mio ruolo di moderatore. Posso dirvi ch eè stato un successone con tantissima gente, tante belle facce e tanto buon umore.

domenica 19 luglio 2009

Madeleinettes (all'arsenico)


Una delle scene più importanti della letteratura mondiale, e non solo della produzione proustiana, è di certo contenuta nella fantasmagorica Recherche du temps perdu.
L'autore francese descrive la semplicissima azione di immergere una madeleinette in una tazza di tè e il riemergere, conseguente all'azione, di ricordi che sembravano sepolti in un passato ormai altro da sé che è invece tutt'altro che altro dall'autore, ma parte integrante del risultato presente dell'io scrivente.
Quella scena credo abbia cambiato le prospettive della letteratura moderna. E' uno di quei momenti topici della vita dell'uomo moderno, come lo sbarco sulla luna. Esperienza paradigmatica dell'esperienza del vivere, assoluto universale dell'io moderno frammentato, disperso, irricomponibile, vagante. "Animula vagula blandula" avrebbe scritto sapientemente la Yourcenar/Adriano.
In queste giornate al limite del surreale, in cui mi muovo fra una serie di specchi catarifrangenti, ammaliato dalla bellezza della vita, dall'impossibilità di comprendere e catalogare un passato che ritorna con viva crudezza, con dolore mi rifugio in queste maddalenine che quotidianamente e a più riprese ingurgito durante le mie giornate.

Sono l'albergo con la scritta lampeggiante sulla via Salaria.
Il ristorante in cui facemmo quella determinata cena.
Il profumo del passante distratto che non si accorge nemmeno della mia esistenza.
Il giorno del calendario che rimarca una partenza.
Il profumo del mare che con la sua risacca riporta memorie sepolte nella salsedine marina.
I cibi che non oso più cucinare.
Le strade che non posso più percorrere.
I momenti della giornata che devo soffocare con un sospiro profondo.
Le foto sulle quali spargo lacrime amare.
I libri che non riesco più a leggere perché troppo amati.
Gli oggetti che devo eliminare dalla mia vista perché contundenti.
Le espressioni del viso, i suoni che mi sono rimasti ad imitazione di un volto amato.

Sono tutte madeleinettes all'arsenico. Dalle quali non mi farò uccidere; non consentirò a nessuno di ridurmi in cenere. Quelle madeleinettes avvelenate, le saprò trasformare in nuova linfa per la mia ripartenza.

mercoledì 15 luglio 2009

Nudo e crudo


Dopo lo sciopero di ieri (devo dire che è stata un'esperienza andarmi a imbavagliare a Piazza Navona) rieccomi con le storie di ordinaria quotidianità che contraddistinguono questo blog. Visti gli ultimi avvenimenti però, mi sa che una riflessione sul titolo di questo blog la devo fare. O lo chiudo o gli cambio nome, perché di tanto ordinario nelle mie (s)venture non c'è niente!

Immaginate cosa può essere alle ore 5.45 di domenica mattina la stazione Termini. Vi assicuro... il vuoto assoluto. Mentre mi incammino uscito dalla metro per andare verso il treno che mi avrebbe condotto a Bologna, mi dico che un giornale lo devo comprare. Vado all'edicola su via Giolitti e quello che mi capita è che una volta comprato il giornale mi avvio verso i binari. Beh.. un caffé a questo punto prima di ficcarmi in treno ci sta proprio bene.
"Un caffè, grazie!"
E tiro fuori il portafoglio. O meglio.. avrei dovuto tirare fuori il portafoglio, che invece si era volatilizzato nel frattempo. Senza neanche avere il benché minimo dubbio di chi, come e quando avesse potuto sottrarmelo. E quel maleducato di portafoglio non mi ha nemmeno salutato!
Bel viaggetto questo di domenica scorsa... In treno provvedo a bloccare tutte le carte di credito etc. Arrivato a Bologna mi faccio una bella mezz'oretta piacevole in compagnia della Polfer e il resto della giornata l'ho passata a ironizzare sull'evento. Presi in prestito venti euro per la minima sopravvivenza essenziale la sera mi ficco in treno e mi consolo con i miei compagni di viaggio ai quali dico: "Beh, a questo punto stasera se torno a casa e la trovo svaligiata, forse mi fanno un favore, così non devo fare il trasloco a fine mese! Almeno ho una rogna in meno..." Anche perché di rogne da risolvere in questi giorni ne ho mica poche! incluse le ore passate a recuperare tutto il contenuto di quello screanzato portafoglio!

Qualche tempo fa, quando avevo questa sensazione fastidiosa di sentirmi derubato, di aver percepito che qualcuno mi aveva sottratto dignità, rispetto, solidarietà, F. mi ha regalato un libro che ho rigirato da poco a una collega di lavoro che ha subito un pesante furto in casa. Ecco se vi capita di essere derubati o di avere persone care a cui è capitata questa sventura vi consiglio vivamente "Nudi e crudi" (titolo originale, The Clothes They Stood Up In )di Alan Bennet. Una lettura molto terapeutica, anche perché nasconde una verità secondo me molto importante. In quel furto, in quella mancanza esiste la chiave per ripartire, per ricominciare a vivere. E per ricominciare a vivere meglio di quello che poteva sembrare il paradiso fino a qualche istante prima.
In fondo, dietro questo furto, credo ci sia qualcosa di beneagurante per me. E poi, come sapete da profondo razionalista, io non credo negli oroscopi, però Brezny credo che questa volta nel mio caso ci abbia proprio preso!

"Il cielo non sta per crollare. Ma stanno per cadere tanti di quei segni celesti che ti consiglio di fare più attenzione a quello che arriva dall’alto. Non si sa mai quando ti pioverà addosso un’altra tessera del puzzle benedetto. Inoltre, sarebbe un peccato se la fortuna ti cogliesse di sorpresa travolgendoti. Chi avrebbe mai immaginato che una pioggia di buone notizie potesse essere così impegnativa?"


Ahahahah!!

lunedì 13 luglio 2009

Oggi sciopero


Adesione all'appello di Diritto alla Rete contro il DDL Alfano che imbavaglia la rete Internet italiana

Per più informazioni andate sul link:
http://dirittoallarete.ning.com/

giovedì 9 luglio 2009

E chi mai l'avrebbe detto... 2


Che serata. Non me la sarei mai immaginata la serata giapponese sull'isola tiberina. Un nostro protettore, un certo T-sensei, è diventato un fan della compagnia di teatro giapponese per cui ho recitato.
L'altro giorno, dopo aver ricevuto un messaggio in posta elettronica da parte sua, mi vedo recapitare un invito esclusivissimo da parte dell'Ambasciata Giapponese di Roma a JapanItaly, serata di cultura, arte, cibo e cinema giapponese.
Non credevo ai miei occhi... e infatti. Ho subito preso contatti con M. che mi avrebbe accompagnato nella serata e ho fatto di tutto perché mi seguisse pure B.
E così è andata. Vestito super in tiro, come M. del resto, facevamo una coppia stupenda. E infatti, non siamo passati per niente inosservati! La gente ci guardava e come! Semplicemente splendidi, fantastici e super glamour, come solo noi insieme potevamo essere.
Ci vediamo prima perché siamo allertati del fatto che alle 20 sarebbero arrivati i super vip. Quindi procediamo a ritirare l'invito e io mi metto a bere la solita birrozza della sera sprofondato su un meraviglioso divano di pelle bianca... Che chic... Eravamo proprio strafighi.
Mentre bevevo la mia birrozza, attendiamo l'arrivo di B. che ci raggiunge e a un certo punto entriamo dentro.
Oh mio Dio!
Elicotteri dall'alto, sirene, cecchini sui ponti dell'Isola Tiberina. A momento ci prendeva un colpo. Quando a un certo punto si manifesta il Primo Ministro giapponese Taro Aso in persona con tanto di consorte al seguito insieme alla miglior fezza politica italiana.. Alemanno (bleah), Giro (bleah), Stefania Craxi (vai in pace a Hammamet pure te). M. e B. mi hanno dovuto legare alla sedia durante il dibattito politico...
Dopo questa parentesi poco felice, super mega mangiata aggratise di sushi, yakitori, etc. e quintali e quintali di frutta. Ma soprattutto fiumi e fiumi di alcol!!!!!
Insomma sono arrivato al film che non è che ci ho capito molto.. E poi a me i film di animazione non piacciono, anche se ho resistito fino in fondo.
E quindi dopo questa meravigliosa serata, obnubilato dai fumi e dall'alcol mi sono lasciato accompagnare verso casa.

PS. E ora mi preparo per il bis il 13. Ma questa volta ci vado vestito non da strafigo, ma in kimono!

mercoledì 8 luglio 2009

Messaggi nella bottiglia

E questa volta non ho dovuto nemmeno faticare io per comporlo. Grazie Bersani...

"Troppo cerebrale per capire
che si può star bene senza calpestare il cuore,
ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi
come sulle aiuole.
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini
per scivolare meglio sopra l'odio,
Torre di controllo aiuto,
sto finendo l'aria dentro al serbatoio...
Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera e non ci sei più..."

Sì, proprio niente originalità, "solo la copia di mille riassunti", espressione felice e fortunata. Storie che ho già vissuto in passato, reiterazione - sfacciata- di azioni già subite, ma meno male che esistono gli accendini e le candele consunte bruciano facilmente, senza quasi lasciar traccia. E ormai, anche se la cera rimane, mi dispiace, ma non ci sei più...

domenica 5 luglio 2009

E chi mai l'avrebbe detto...


Chi mai l'avrebbe detto che in giornate come queste, sarebbero tornati i fiori dei miei cactus? Vi regalo una foto qui a fianco a questo post.

La primavera per me è cominciata ieri sera. Una vera primavera nel bel mezzo dell'estate. Fiori dai quali non dovrò necessariamente separarmi, neanche quando avrò traslocato, ma che anzi mi porterò dietro. Dopo quattro mesi di spine, i miei cactus mi regalano dei fiori. Tempi della natura e tempi del privato, ancora una volta si intersecano in modo particolarmente calzante.

Eppure, tutto ciò, mi risulta quasi inspiegabile. D'altronde, come mai potrei spiegarmi il motivo per il quale madre natura ha voluto che questi fiori sbocciassero proprio oggi?
Non ho fatto niente, lo giuro, perché mi capitasse questa nuova ripartenza. E' bastato forse scrollarmi d'addosso in mattinata un po' di lerciume per farmi riapparire agli altri quello che sono? Finalmente non devo tenere più gli occhi bassi camminando per strada. Adesso qualcuno accompagnerà le mie giornate. Qualcuno che posso avere sempre vicino, vicino davvero. Perché sta anche fisicamente a poca distanza da me. E ho come una strana sensazione, che questa volta sarà molto diverso. Nessuna traccia di egoismo, né di egocentrismo in giro. Propensione verso l'altro, delicatezza.
Così la domenica sarà forse un giorno meno triste.

"Per sessantasei anni i miei occhi hanno contemplato le scene mutevoli dell'autunno.
Ho parlato a sufficienza del chiaro di luna.
Non mi domandate più niente.
Prestate ascolto alla voce dei pini e dei cedri quando il vento tace."
Ryo Nan (religiosa buddista)

A mia nonna.

venerdì 3 luglio 2009

Come fare rafting in pieno centro a Roma

Certo che questo tempo è proprio strano. Poi ieri nel bel mezzo della bufera mi è venuto da pensare, ma non è che il Berluska porti sfiga? Una serie di catastrofi si sono abbattute sul nostro "bel" paese da quando è tornato alla carica il cavaliere... Terremoti, disastri aerei, disastri ferroviari, un mare di stupri e di violenze, e persino i tifoni!

Ieri mi stavo aggirando dalle parti di Torpignattara per concludere per la casa ed ero al bancomat. Click! Si apre lo sportellino, escono i miei bei soldini e... manco il tempo di girarmi che mi sono ritrovato nel bel mezzo della bufera.

"Che c'avete un canotto?" mi urla un vecchietto con un bell'accento pugliese dall'altra parte del fiume-strada. Via di Torpignattara si era trasformata in un meraviglioso ruscelletto da attraversare in barca!
"Magari!" rispondo io. E nel frattempo mi metto in attesa per vedere di riuscire ad arrivare all'agenzia. Insomma, morale della favola, ho dovuto chiedere all'agente immobiliare di venirmi a recuperare! E il povero - mio coetaneo fra l'altro - con un bell'ombrello mi ha condotto dopo varie peripezie, schivando vari rami di alberi e vegetazione varia, dall'altra parte. Grazie, Caronte!

Fatto tutto, ho finito. Esco dall'agenzia che pioviggina ancora leggero leggero mentre in alto splende un bel sole! Che meraviglia, mi dico. Adesso vado a prendere la metro! Arrivo alla stazione, beh... stazione è una parola grossa. Per un attimo credevo che fosse il laghetto dell'EUR! Mi dico, o mio dio ho le allucinazioni! E come ci sono finito all'EUR? Credevo fosse la Tuscolana!
E ancora la stazione non l'avevano chiusa! Gente che usciva dalla metro con i pantaloni arrotolati fino al ginocchio, chi proprio a piedi scalzi! Delle scene degne da documentario sui monsoni in India.
Pazienza, mi dico. A Porta Furba ci arrivo a piedi!
E chi mai se lo sarebbe aspettato che la Tuscolana era nel frattempo diventata una specie di zoo-safari! Mi sono ritrovato a circumnavigare laghi, scavalcare torrenti e farmi spazio fra le fronde di alberi completamente venuti giù! Arriva Tarzan, aspettami Jane! 500 metri in allegria! Ridevo da solo come un pazzo, mente avvertivo dall'altra parte chi mi aspettava delle varie disavventure! Alla fine, arrivato alla meta, non ho potuto che fare un bel sorriso e dire: "Ah, quanto rispecchia il mio umore questo tempo!"
Serenità diffusa tutto il giorno e poi impeti furastici che si porterebbero via il mondo! Evviva! Evviva! Evviva!

mercoledì 1 luglio 2009

A positive turn

Ho una casa tutta mia. Sono quasi incredulo di fronte a questa notizia...
Eppure è così. Ormai è fatta.
E di altre belle notizie ne sono arrivate tante in questi giorni, facendomi andare oltre "il ciarpame senza pudore" che ha tentato di inondarmi e sommergermi.
Mi aspettano delle giornate faticose, ma bellissime, piene di bella gente e di belle iniziative.
Cominciamo con domani. Dopo la firma, ci sarà L., che saprà sostenermi dopo lo shock psicologico! In fondo sono proprio una persona fortunata...
Ca...o, a 27 anni essere riuscito a farmi una casa con le mie energie, aver costruito con le mie manine tutto quello che ho, finalmente, un po' mi riempie di orgoglio. Soprattutto quando mi guardo intorno e vedo che c'è gente capace di scialacquare con tanta tracotanza le enormi risorse che il fato ha messo loro immeritatamente in mano.
E poi una notizia ancora più bella. Ho avuto la dimostrazione che il male che si fa, in qualche modo il destino te lo ritorce contro...
Certo a distanza di un po' di tempo, ma aspettare di veder passare i cadaveri sul Fiume Giallo può essere anche uno sport interessante! Nonché una discreta soddisfazione... E io intanto con un drink in mano, me la godo.

lunedì 29 giugno 2009

Analisi del testo


Mi sento molto come se fossi tornato a scuola in questo periodo e mi diletto nel fare cose che non facevo da tempo. Una delle cose che più mi affascinava quando andavo a scuola era prendere un testo, un'accozzaglia di parole stampate su una pagina e analizzarle, scomporle, suddividerle, in qualche modo distruggerle fino in fondo. Non credo che ci sia esperienza più affascinante di questa, per una persona che ama le lingue come le amo io.
Un esercizio intrigante che ti porta a scoprire elementi del linguaggio, pezzettini di quel testo che altrimenti non avresti mai notato. E' in qualche modo un modo per scendere un po' più in profondità di quello che di solito ti consente una semplice lettura.
L'esperimento diventa particolarmente affascinante quando ti capita che una frase, un testo, una poesia si addica particolarmente a un periodo della tua vita.
A quei periodi in cui cammini per strada con quel testo nella mente che ti accompagna come un angelo custode e che in ogni momento del giorno, a ogni sfumatura di luce ti comunica un significato nuovo, un senso nascosto che non eri riuscito a carpire un attimo prima. E piangendo, gridando, ridendo, sorridendo, ignorando il resto, facendo attenzione a ogni minimo particolare, quel testo si riproduce nei tuoi neuroni, si moltiplica, si suddivide, a volte ti illumina, a volte ti sprofonda nella depressione.
Allora lo scomporre, il suddividere, l'analizzare ossessivamente diventa un esercizio di vita, non uno sterile esercizio grammatico-logico. Una sorta di ginnastica dell'anima che si rivela un esperimento di cannibalizzazione del testo, di sé, della coscienza di sé e dell'altro da sé.
E allora, facendo quest'esercizio, ti rendi conto che c'è davvero dell'altro in queste lettere scomposte che prendono forma su uno schermo o su un pezzo di carta. C'è la chiave verso un mondo strano, affascinante, pericoloso, un terreno di sabbie mobili.
Sul quale occore imparare a scivolare, perdendo il proprio peso corporeo e intellettuale.
Ecco la mia analis/i del testo, la mia ginnastica dell'anima, per ora solo una traduzione con prefazione.
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Uninvited

Like anyone would be
I am flattered by your fascination with me
Like any hot blooded woman
I have simply wanted an object to crave
But you you're not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

Must be strangely exciting
To watch the stoic squirm
Must be somewhat heartening
To watch shepherd meet shepherd
But you you're not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

Like any uncharted territory
I must seem greatly intriguing
You speak of my love like
You have experienced love like mine before
But this is not allowed
You're uninvited
An unfortunate slight

I don't think you unworthy
I need a moment to deliberate.
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Non invitata

Come chiunque,
mi sento lusingata dal fascino che ho su di te.
Come ogni donna dal sangue caldo,
ho voluto semplicemente un oggetto da desiderare.
Ma a te, a te non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Dev'essere uno strano spetacolo
guardare uno stoico contorcersi.
Dev'essere in qualche modo rincuorante
guardare un pastore incontrare un pastore.
Ma a te, a te non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Come una terra inesplorata,
devo sembrare davvero intrigante.
Parli del mio amore
come se avessi ne avessi già vissuto uno così.
Ma questo non è permesso,
tu non sei invitata.
Una malaugurata mancanza di rispetto.

Non credo che tu sia priva di valore,
mi serve un attimo per vagliare.

sabato 27 giugno 2009

Le passioni gioiose


"Le passioni tristi, l'impotenza e il fatalismo non mancano di un certo fascino. E' una tentazione farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l'attenzione del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare alla minaccia terroristica, cala come un manto a ricoprire ogni altra realtà. E' a questo che ciascuno di noi deve resistere... creando. Infatti sappiamo bene che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare il reale e non il reale stesso. Non possono far altro che arretrare di fonrte allo sviluppo di pratiche gioiose."

Questa è la conclusione del meraviglioso saggio di Benasayag e Schmit. Conclusione che ho letto durante il mio soggiorno a Budapest e che come al solito si è accompagnata a circostanze incoraggianti che sostengono la tesi avanzata dai due sociologi francesi.
Devo ringraziare Themis che durante una passeggiata da Pest a Buda mi ha sostenuto nell'attraversare il ponte fisico del Danubio e quello che dalle passioni tristi porta alle passioni gioiose.
Adesso il percorso è sicuramente in discesa, anzi sto già scendendo ad alta velocità.

martedì 23 giugno 2009

"Ciarpame senza pudore"

Faccende di vite pubbliche e faccende di vita privata si intrecciano e si intersecano con un tempismo che quasi mi lascia senza fiato.
Lo sconquasso di squallore che agita i palazzi del centro romano in merito a festini e vicende varie non mi stupiscono più di tanto, non mi meravigliano e mi lasciano ormai piuttosto freddo. Che queste cose accadessero io almeno l'ho sempre pensato e non me ne meraviglio. D'altronde, e ho avuto modo di dirlo nel mio intervento a un convegno di oggi in CGIL, quello che sta in questo Governo non è altro che specchio della società italiana in cui la maggioranza dei cittadini sguazza.
Quello che invece non mi lascia immoto, ma che anzi mi fa montare una grande rabbia e un grande senso di frustrazione è "il ciarpame senza pudore" che circonda me in prima persona. Fanno ridere le giustificazioni del Berluska e le smentite, ma mi fa ancor più ribrezzo persino il solo tentativo di giustificarsi di gente che ho ben più che apprezzato per atti ignobili compiuti alle mie spalle in momenti di mia atroce sofferenza personale.
E lo dico con un profondo senso di rassegnazione. Che parola orrenda per uno come me. I miei amici mi guardano male quando lo dico, perché sanno bene le mie capacità di lottare, di impormi con veemenza a volte, di strepitare, di darmi da fare, di sacrificarmi... Ecco, di sacrificarmi per l'altro, appunto.
Un esercizio che risulta ai più un orpello artificiale nelle relazioni di amicizia, di affetto, di amore e persino familiari ormai. Stare a contatto con l'altro da sé comporta una certa misura di sacrificio, di inclinazione e propensione alla comprensione del limite altrui che io onestamente non riscontro ormai più. E allora sono passato per la lotta, per la battaglia a tutto campo, per il dolore atroce, per la frustrazione, per il senso di impotenza. E ora mi trovo a fare i conti con la rassegnazione. Davanti a tanto "ciarpame senza pudore" non si può che rimanere costernati... e rassegnati.
Ricordo ormai con una certa ironia un giorno in cui dissi, durante un discussione feroce con D., che la crisi dei sentimenti per gli altri non è ormai più questione fra individui, ma è sintomatica di una malessere sociale diffuso. La MIA infelicità, il MIO malessere. Ma che viene il dubbio che forse oltre il proprio naso, per quanto lungo possa essere, c'è un'altra persona di fronte? Mi pare quasi di no.
Quando ricondussi tutto il discorso a un malessere più profondo, di crisi dei valori e dello stare insieme, sapete come mi fu risposto? Con una grassa risata di scherno in faccia.
Bene. Anzi benissimo. Stasera ho avuto finalmente una notizia che mi ha riempito il cuore di gioia, una delle cose più belle che possano capitare nella vita. Sul tram, in preda al panico, col cellulare che mi fremeva in mano, mi sono chiesto con angoscia: e adesso a chi lo dico? Con chi la condivido questa cosa?
Sapete che c'è? Me la tengo per me.

"m. was impressed about you - what a guy she said - I will take Sicilia for starting that part of my life again that you represent so powerfully: arts, culture, wisdom, reading, inner piece (I mean it), conviction, fighting for the right, looking into essential things..." K.

domenica 21 giugno 2009

Riemergere dal cumulo

Odio la domenica. Con tutto il mio cuore. E' un giorno che non è fatto per me. La domenica è il giorno in cui se qualcuno soffre di solitudine è destinato a morirne.La domenica è il giorno del pranzo in famiglia. Ma non per chi una famiglia non ce l'ha. La domenica è il giorno del pranzo con la famiglia. Ma non per chi la famiglia ce l'ha lontana. La domenica è il giorno del riposo. Ma non per chi non sa riposare. La domenica è il giorno dell'uscita fuori porta con gli amici. Per chi gli amici ce li ha.
E soprattutto non per queste domeniche in cui il tempo è inclemente e costringe alla clausura nella città che va via via svuotandosi.
La domenica è un brutto giorno.
E questa domenica è un giorno particolarmente brutto. Mi sento ricoperto da un cumulo di detriti tossici che sono difficili da scrollare via. E quando ci sarò riuscito a scrollarmeli, sento che rimarrà l'effetto tossico che dovrò man mano depurare.
Una cosa però so: che una volta riemerso da questo cumulo di detriti, io sarò migliore di quello che sono oggi. Non mi farò abbattere da chi vorrebbe vedermi sepolto. Ho già combattuto molto in questi mesi. Ora combatterò in una direzione diversa. Combatterò per me stesso, in solitudine forse, ma combatterò per essere una persona migliore, per ritrovare quel rispetto per me stesso che troppo spesso ho dimenticato per concentrarmi ad aiutare gli altri.
Rimane un'amarezza di fondo: l'essermi sempre prodigato a capire gli altri, ad aiutarli sempre, anche quando ero io più in difficoltà degli altri e l'avere scarsamente ricevuto. Ho ricevuto poco, forse perché non sono molto bravo a ricevere, questo è vero. Ma dov'è il sacrificio che io faccio per comprendere il limite altrui? Dov'è questo sacrificio negli altri?
A parte, rare ma preziose eccezioni, ancora lo cerco. Migliorando, forse, lo troverò.

giovedì 18 giugno 2009

The heart of the house

Di questi tempi dalla vallata sale un profumo incredibile di fiori di ginestre.
Perle di aria attraversano il cielo e si soffermano sui balconi delle abitazioni. Un cielo terso dall'alto guarda il paese mezzo addormentato sotto il sole e come ogni mattina d'estate la vedo seduta su una sdraio che al sole riposa, godendo del calore e della luce.
I suoi capelli bianchi, compagni di una vita lunga quasi novant'anni, al sole erano sempre più belli. Erano uno dei suoi pochi vanti.
Così si è addormentata e dolcemente ci ha salutati. In un giorno estivo, in cui tutto pare dover scorrere come se nulla fosse. Un maledetto giorno come tanti altri, ma che a differenza di altri lascerà in noi un vuoto incolmabile.
La sua figura vaga per casa, silenziosa, leggera. Solo l'età avanzata riesce a rendere impercettibile il passo, felpato il cammino, impalpabile la presenza. I vicini e i parenti sono stati salutati con una parola buona per tutti, anche nei confronti del malvagio: "Quella era una brava persona".
Vado da una stanza all'altra, certo che è sul balcone. Certo che è a fianco al focolare, certo che sta osservando la strada di sotto dove non succede mai nulla. Certo che è nella sua stanza a passare il tempo a rifare il suo letto. Certo che è sulla panchina a fianco al portone a chiacchierare con qualche vicino. Certo che sta osservando i gigli che crescono da sempre in quel piccolo orto.
Mi guarda e mi dice "Torna presto, che la prossima volta non ci sono più."
E così è stato. Addio, nonna.

domenica 31 maggio 2009

Spettri

Spettri che dal passato
destano fantasie sepolte
remano contro la corrente
di chi vuole invece correre
non indietro, ma avanti.

mercoledì 27 maggio 2009

Privacy, pubblico e privato

Mai come in questi tempi spazio pubblico e spazio privato si sono così intensamente mescolati fin quasi a rendere indistinguibili i loro confini. Addirittura lo spazio privato sembra svanire nell´era di Facebook e di YouTube, delle infinite e continue tracce elettroniche, dell´impietosa radiografia mediatica d´ogni mossa, contatto, preferenza. Dobbiamo accettare la brutale semplificazione di chi ha affermato "la privacy è finita. Rassegnatevi"? O dobbiamo ridisegnarne i confini senza perdere i benefici della trasparenza che, soprattutto nella sfera della politica, le nuove tecnologie rendono possibili?

Queste chiaramente non sono parole mie. Chi mi conosce o legge questo blog, sa che non sono una tale buona mente e che non scrivo così bene. Queste poche frasi che ho deciso di citare sono tutte di Stefano Rodotà, una delle poche menti illuminate a cui è dato pubblicare articoli altrettanto illuminati su quotidiani italiani.
Una delle querelle più accese che ho dovuto affrontare di recente è proprio quella su questi cosiddetti social network, che a mio avviso hanno tante caratteristiche tranne proprio quella di potersi definire "social". Non c'è niente di più Asociale di mettersi davanti a un pc fra le proprie quattro solite mura e connettersi a una di queste diavolerie. Alla faccia del "social".
Io però tendo a ragionare per estremi, come mi fanno giustamente notare voci a me vicine e care, e tendo a escludere le soluzioni intermendie.
Partiamo da un presupposto: mai e poi mai avrò un profilo su facebook et similia. E credo che finché siamo in democrazia, anche i miei migliori avversari, mi riconosceranno il diritto a questa scelta e al dire che questi mezzi mi disgustano.
Però Rodotà mi ha solleticato, come al solito, pensieri che erano rimasti in un certo qual senso in sospeso e che le menti, seepur fini, dei miei vari amici non hanno saputo risvegliare. Più precisamente trovo particolarmente complicato rispondere alla domanda che si pone alla fine della citazione: "O dobbiamo ridisegnarne i confini senza perdere i benefici della trasparenza che, soprattutto nella sfera della politica, le nuove tecnologie rendono possibili?"
Tralascio l'elemento della politica che poco mi interessa in questo momento per questa riflessione e tento di concentrarmi sui benefici della trasparenza che le tecnologie rendono possibili nell'ambito della vita ordinaria e privata di ognuno di noi.
In tanti mi hanno detto, beh... ma Facebook (et similia) rendono molto più facile invitare gente e informare di eventi etc. E' vero. Questo è uno dei benefici innegabili del sistema. E poi: sono riuscito a ritrovare gente che temevo aver perso per sempre... Beh cavolo... Quasi quasi mi stavo convincendo a entrare nel meccanismo diabolico di cui dibatto.
Poi però ho deciso di temporeggiare e mi sono guardato attorno osservando chi di questo luogo stava facendo uso, degli effetti che stava avendo su di essi e delle conseguenze sociali del fenomeno. E sono apparsi gli aspetti più inquietanti della faccenda. Ne cito alcuni: minacce serie e comprovate della privacy (soprattutto per le foto), perdita di demarcazione fra evento privato ed evento pubblico, messa in piazza anche posticcia e artificiosa di se stessi, nascita di gruppi razzisti, xenofobi, nazifascisti e omofobi difficili da controllare e debellare.
Metto tutto sui piatti della bilancia. Per me il piatto pende decisamente sul negativo.
Se proprio mi serve di ritrovare un vecchio amico di cui ho perso le tracce guardo le pagine bianche e se non lo trovo là, pazienza, significa che se me lo sono perso, proprio tutta quest'importanza non ce l'aveva. Con buona pace di chi continua a cercarmi su FB et similia.

PS ho appena scoperto - e da sindacalista non posso non dirvelo - che molti datori di lavoro e agenzie di collocamenti hanno iniziato a indagare sulle vite private dei futuri possibili dipendenti facendo ricerche su qyesti siti e che quindi tendono a fare delle prime scremature preassuntive proprio in base allle informazioni desunte da questi mezzi... se siete alla ricerca di un lavoro e magari dite di essere comunisti sul vostro FB, attenti, potreste trovarvi esclusi dal lavoro per questo motivo e voi non lo saprete mai. Ci capiamo quando dico non mi va di vendere la mia vita in piazza?