domenica 25 dicembre 2011

Hale Bopp


Quando passava davanti a queste finestre la cometa Hale Bopp era il 1997. La ricordo ancora, sfrigolare nel cielo pieno di stelle, mentre io guardavo fuori dal balcone del salotto di casa dei miei. Da questo balcone. Era tutto diverso. Io non ero quello che sono, non sapevo che sarei stato quello che sono.
Ma qui nulla sembra trascorrere. Niente sembra passare. cambiano solo le apparenze delle cose, ma la sostanza rimane immutata. Sembra che tutto sia abbandonato al gelo del silenzio notturno.

Come spesso accade in questo periodo, mi ritrovo a fare delle considerazioni di fine anno solare. Non è tempo di bilanci, di questi tempi i piatti darebbero risultati impietosi. Posso solo aprire delle questioni, per poi mai chiuderle. Non so se è saggio. Ma provo a farlo.
Mi confronto con l’invecchiamento di quello ch emi circonda. Della mia famiglia, delle mie idee, dei miei ideali, della mia pelle.
Mi sgorgano lacrime amare se penso alla sofferenza accumulata. Penso che sia tutto profondamente ingiusto, ma vedo allo stesso tempo una vita impossibile che trascorre fra queste mura.
Vedi, che non è possibile nemmeno fare considerazioni di fine anno? Tutto si abbarbica a qualche ricordo, che torna, si interroga sul presente e poi svanisce.
Non vorrei arrivare in profondità perché ho paura di trovarci qualcosa di sgradevole. “L’atro fondo” che ho tanto amato, meglio che non riporti a galla le visioni. Sarebbe meglio se potessero rimanere sepolte per sempre.
Chissà dov’è adesso la cometa Hale Bopp, andrò a fare una ricerca per capire se ancora transita in quest’universo o anch’essa si è esaurita. Ritornerà visibile prima che il mio tempo su questa terra finisca?
Temo che quella visione sia stata unica e passeggera proprio come le coltellate di una partenza e di un eterno ritorno. Di una netta separazione fra due vite che non vogliono conciliarsi, che non lo possono. La cometa Hale Bopp, in una notte scura, è profondo paradigma di un dolore viscerale.

martedì 25 ottobre 2011

Le leggi fondamentali della stupidità umana


"Le leggi fondamentali della stupidità umana" di Carlo M. Cipolla è un libro che mi metterò a cercare da domani stesso.
Un articolo sull'edizione della Domenica del Sole 24 ore mi ha introdotto a quest'autore di cui non avevo sentito assoultamente nemmeno il nome.
Diciamo che la semplice recensione del libro mi ha galvanizzato. Meraviglioso è il punto in cui l'autore spiega per che cosa sta la M. fra il nome e il cognome dell'autore. E ancor più soprendente la spiegazione: non sta per nulla! Anzi, sta per M.
Irreprensibile come un teorema matematico.
Ma Cipolla - cervello in fuga ante-litteram, fuggì a Berkeley negli anni '50 - ha dovuto aspettare fino ad oggi la pubblicazione del suo libro nella lingua in cui fu scritto in origine: l'inglese.

Non voglio farla lunga: vi riporto le 5 leggi della stupidità umana di Cipolla, che sono a mio avviso una delle cose più belle che ho letto negli ultimi anni.

1.Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. Una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno.
4. Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
5. La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.

Devo confessare che quando ho letto la quarta legge sono rimasto sconvolto. Se applico a me stesso questo principio, credo di avere sperperato un patrimonio.
Meglio tardi che mai: d'ora in poi so cosa non dover fare.

Avrei delle dediche particolari da fare a questo post, ma per ora me le risparmio. Se mai lo riterrò opportuno ho già in mente una prima lista di nomi!

giovedì 8 settembre 2011

Un misero obolo al monte della pietà dei giusti


In questi giorni in cui ho annullato me stesso per dedicarmi al lavoro e al volontariato tutte le sere fino a tardi, sento improvvisamente il bisogno di scrivere. Lo sento forse per fissare una sensazione. Mi capita molto spesso anche quando sono per strada e non ho null’altro per scrivere meno che il cellulare. E allora mi metto a digitare sullo scomodo tastierino delle piccole note che poi molto spesso non diventano nulla.
Il bisogno di scrivere nasce dalla necessità di fissare delle sensazioni.

Sento che sto entrando in una nuova fase della mia vita. Sento proprio che a questo rientro dalle vacanze, qualcosa si è modificato e sta per iniziare un nuovo corso. Mi è successo già molte volte in passato e ogni volta questa sensazione mi è passata addosso lasciandomi un segno. Non mi sono mai sbagliato: quando ho percepito questa sensazione, poi effettivamente c’è stato un cambio di corso.

Il primo e fatale viaggio verso Roma, solo e carico di valigie. Di notte.
Il trasloco da Via Carlo Alberto e dalla mia vita da adolescente. La laurea.
Il trasloco da Monteverde e l’inizio del nuovo corso lavorativo. La casa.
Il dirompente bisogno di rimettere al centro me stesso. Questo autunno incipiente.

Se voglio fissare questa sensazione dico che sono sul baratro della disillusione, Anzi no, forse non è la parola giusta. Non sono sul baratro della disillusione, sono sul limitare della lucida consapevolezza che non esiste nulla meno che la propria autosufficienza.
E mentre penso a questo vedo mia madre che a un migliaio di chilometri di distanza a quest’ora si muove fra le mura della casa di montagna, sta preparando il pranzo. Sola, autosufficiente da me, da sé, dal mondo che continua. Dal mio dolore degli affetti spezzati, in modo acerbo. In modo ingiusto.

Pochi giorni fa manifestavo tutto il mio disagio nel dire che non sono più disposto a dover comprendere le debolezze altrui quando nessuno cerca di capire le mie. NOn sono stato nemmeno degnato di considerazione: come se parlassi al vento. È proprio vero: i miei difetti vengono ampliati e sonorizzati, nessuno è disposto a fare sconti. E forse è giusto che sia così. E gli altri? Perché io devo per forza capire, accomodare i difetti e i limiti altrui?
Ho imboccato una strada tortuosa che mi porta verso la scarsa tolleranza e l’isolamento progressivo.
Me lo devo dire apertamente, non ho più voglia di continuare a comprendere per non essere compreso. A costo di dover pagare qualche ulteriore prezzo. Tanto… visto quello che succede in questo Paese in cui mi sono ritrovato a nascere, che cos’è quest’ulteriore prezzo? Un misero obolo al monte della pietà dei giusti.

domenica 28 agosto 2011

Interrogativi post-vacanze

Sarà stato perché ho riposato per tre settimane di fila o perché mi sono ammalato d'estate, ma sta di fatto che il mio cervello non fa altro che porsi interrogativi a raffica. E il dramma è che riesco a trovare una risposta solo per quelli davvero terra terra.
Essere stato in vacanza mentre il paese andava a picco è stata un'esperienza decisamente particolare. Mi sembrava di essere il ricco proprietario di una villa nella zona di Minamisanriku in Giappone che dall'alto della montagna vede arrivare il portentoso tsunami e portarsi via tutto, riducendo la materia in un'orribile poltiglia. Io nel frattempo facevo prendere aria al cervello, mentre nel Paese tutto andava all'aria.
In questi giorni mi sono chiesto davvero che senso ha fare un progetto di vita sacrificando la propria esistenza per poi finire rovinati in un secondo da qualcuno che ha sede in un lussuosissimo edificio a New York e fa una cosa chimerica detta "agenzia di rating".

Ho finito di leggere il libro Underground di Haruki Murakami, una raccolta di interviste alle vittime dell'attentato al sarin nella metropolitana di Tokyo del 1995, ma anche ad alcuni affiliati della setta Aum, autrice del disastro (sarebbe più giusto trascrivere Ohm... ma non so perché hanno preferito questa trascrizione). Leggendo il libro mi sono fatto un'idea ancora più approfondita dei meccanismi di solidarietà e di interrelazione fra i giapponesi, di quanto avessi potuto fare in passato, pur essendo stato fisicamente nel paese del Sol Levante.
Mi sono anche chiesto che senso ha avuto impiegare 4 anni e oltre della mia vita a imparare quella lingua e laurearmi per vedere poi che di quelle conoscenze non frega niente a nessuno e che se non mi fossi dato a fare altro avrei fatto la fine del disoccupato.

Sono stato a Montecarlo a visitare la città e ho parlato con le altre persone con cui sono andato delle nostre vite lavorative e delle umiliazioni e asperità che ci troviamo ad affrontare per vivere dignitosamente. Non posso nascondere che è stato buffo trovarmi in uno dei posti più ricchi del mondo e affrontare questi discorsi, però è andata proprio così. Il mio furore ideologico è diventato quasi violento, mentre una delle ragazze mi raccontava che ancora non aveva percepito lo stipendio di luglio e che ad agosto non avrebbe preso un centesimo di euro di stipendio e dall'altra parte della strada una monegasca di merda portava a spasso due cagnolini gemellini con i vestitini di Armani.
Mi sono chiesto a che cosa serva essere giovani, andare all'università, farsi un mazzo quanto una casa, utilizzare tutto il proprio entusiasmo e dare il meglio di sé per finire a fare gli schiavi di qualche stronzo che porta i soldi guadagnati sfruttando i nuovi negri in paradisi fiscali come quello.

Le domande che mi sono posto sono state molte altre. Mi limito a queste per il momento, perché domani dovrò tornare a lavorare e di interrogativi me ne dovrò porre ancora molti. Siccome rischio di non reggere il peso, mi fermo qua.

venerdì 5 agosto 2011

La stagione sciatta


E' arrivata la stagione sciatta.
Non trovo miglior modo per definire l'estate. Il momento in cui la città, che già di per sé non è uno spettacolo, ora si riempie di gente ciavattara, in canottiera o addirittura a torso nudo per le strade, nei giardini...
Ma non è questo quello che più mi infastidisce di questa stagione, bensì la sciatteria italiana che se è già a livelli alti in generale, si amplifica in modo spaventoso in questi mesi. Chi lavora lo fa tanto per farlo... chi cerca un qualsiasi servizio, lasciamo perdere... Ma chi l'ha detto che per oltre un mese il nostro sistema produttivo (inclusi i neuroni) debba andare in vacanza?? E poi domanda molto più attuale: siamo sicuri che possiamo continuare a permetterci tutto ciò in un momento come questo in cui c'è un sacco di gente disperata al limite della fame e la politica approfitta della disattenzione generale per far manbassa di tutto quello che capita??

CHIUSI PER FERIE

Questa è la risposta.

Io questa stagione sciatta la detesto ed è per questo che oggi mi sono messo una camicia rossa e sono andato in giro per le strade prendendomi cura di me meglio che potevo.
La colonna sonora di questo post è sicuramente "Autumn leaves" di Paolo Nutini (http://www.youtube.com/watch?v=EGBDXR3EPjE).
E voi giustamente mi chiederete che c'entrano le foglie d'autunno con l'estate? Guardatevi attorno nei pochi viali alberati rimasti. E fatelo in fretta perché vista la cementificazione in arrivo ne rimarranno sempre meno...
Le larghe foglie degli alberi cadono già in agosto. una foglia caduta d'estate fa più male di cento foglie cadute in autunno. Che cada una foglia d'autunno è più che normale, che ne cada una d'estate no.
Oltre che una stagione sciatta, è anche una stagione crudele.
Buone vacanze, Italia, dormi che a settembre ti sveglierai ancora più impoverita di come ci siamo lasciati.

mercoledì 6 luglio 2011

Sono altro da questo

Io sono altro da questo.

E ormai sarebbe persino inutile discutere di questa cosa con me stesso o con altri.
Io sono quello che starebbe chiuso in casa a guardare per un'ora un ideogramma cinese particolarmente complesso. A non capirne forse l'ordine dei tratti, ma non rassegnadosi, imperterrito continua a cercarne la trama.

Io sono quello che starebbe per ore a guardare un film noioso come quello che racconta della ragazza sorda, sfuggita alla pulizia etnica in Serbia che va a fare da infermiera a un operaio ferito dopo un'esplosione su una piattaforma petrolifera e che nel raccontare gli orrori del passato rivive il momento in cui i soldati, dopo averla stuprata, le ricucirono le ferite con del sale dentro.

Io non sono una persona gioviale. Mi fregio del mio pessimismo. Sono anche intimamente asociale. Quando sanno che sono calabrese, pensano tutti a una spiaggia, ma non sanno che sono crescito fra i pini e la neve: il gelo mi ha cullato. Per sopravvivere mi sono costruito un'impalcatura di socialità attorno. Rimango inebetito di fronte alla mia capacità di essere altro da me stesso.

Io sono quello che potrebbe rimuginare per ore nel buio del giorno del suo appartamento a pianterreno sulla tristezza delle persone scomparse e impassibile continuare a guardare un mazzo di fiori lentamente decomporsi dentro al vaso.
Sono altro da quello che sono e temo che questo mio alter ego stia per rivoltarsi contro me stesso.

Violentemente e irreparabilmente.

lunedì 4 luglio 2011

Kennst du das Land....


Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn,
Im dunklen Laub die Goldorangen glühn,
Ein sanfter Wind vom blauen Himmel weht,
Die Myrte still und hoch der Lorbeer steht,
Kennst du es wohl?
Dahin! Dahin
Möcht ich mit dir, o mein Geliebter, ziehn!


J.W. Goethe

La Sehnsucht romantica, la nostalgia verso le terre riarse e decadenti del meridione italiano, dell'isola più grande e più agognata del Mediterraneo è raccolta in pochi versi dal poeta tedesco, restituendone con potere la forza espressiva ed evocativa.
C'è un unico ed inconfondibile accordo sinestesico che lega il sapore delle sarde a beccafico(1) e l'accordo cromatico delle tessere dei mosaici della Cappella Palatina di Palermo. Guardando quei colori, quelle immagini così rigorosamente accostante, il soffitto a cassettoni che sembra fatto di pasta di mandorle si sente in bocca il sapore del mare, delle sarde e dei fichi. Il colore dorato delle tessere di mosaico che ricorda il sole della terra di Sicilia si confonde con gli odori dolciastri di datteri che marciscono in terra a Piazza della Vittoria e di aromi che profumano cassate e cannoli.

E' difficile raccontare un viaggio, perché è sempre un'esperienza multidimensionale che costringe il visitatore in più dimensioni contemporaneamente, tutte molto difficili da rendere attraverso la scrittura. E forse in questo caso il segreto sta proprio nella sinestesia: quella sensazione tanto cara ai poeti maledetti che indica una sovrapposizione percettiva in cui diversi sensi tendono a confondersi e mescolarsi.
Una sinestesia di sensi che è cominciata dal Grand Hotel et des Palmes (2). Un'antica casa baronale trasformata in albergo, con una hall grandiosa ornata da statue neoclassiche. Il bello, che stupisce e confonde. La storia, i grandi personaggi del passato e le piccole storie di oggi che convivono e sopravvivono in quelle mura.
La colazione nella fastosa Sala degli Specchi dell'hotel, un salone da ballo in cui si sente ancora il frusciare delle grosse e larghe vesti delle dame dell'ottocento e il fruscio di ventagli per combattere la gran calura. La musica dell'orchestrina che suona i valzer nel fondo della sala è sostituita dal tintinnio delle stoviglie degli ospiti del terzo millennio che consumano colazioni al mattino.
"Entrare in questa sala in T-shirt è quasi una profanazione" ha detto molto intelligentemente S. l'ultima mattina di soggiorno. Una profanazione “profonda”, ma piena di senso e significato. L'unico modo per uscire da questo rompicapo, è pensare a Wagner che in un suo soggiorno proprio fra quelle mura ha ben pensato di comporvi il Parsifal (3), o parte di esso; un’opera che Marinetti considerò simbolo della decadenza della cultura occidentale. Quale posto migliore per ispirarsi... e per pensare alla decadenza dei nostri costumi, in senso largo e stretto.

Palermo è una città di contraddizioni, di chiazze di inconfondibile bellezza e di profondo squallore. Rappresentazione cupa dell'Italia a due velocità, del tanto millantato federalismo: del sangue versato proprio in quella terra da chi l'Italia l'ha fatta e da chi oggi la saccheggia sostituendo le fonti battesimali con ampolle di acqua sacra di un qualche fiume senza referenze storiche.
I secoli e le culture lottano e si sovrappongono a San Giovanni degli Eremiti; nel chiostro si respirano gli odori delle piante nord-africane, del quotidiano arabo e ci si sente abbracciati e rassicurati dal chiostro e dalle sue colonne cristiane.
La chiazza barocchissima, opulenta anche se talvolta diroccata al di qua della Porta Nuova, con una cattedrale tirata a lucido e una via Vittorio Emanuele che porta verso i palazzi cinquecenteschi che la circondano; e la chiazza della povertà e del degrado al di là della Porta, verso il convento dei Cappuccini. Un regno moderno fatto di immondizia e lerciume di ogni genere con edifici cadenti e devastati. Uno squarcio nelle mura che fiancheggiano Via dei Cappuccini dietro l’Albergo delle Povere mi ha aperto un mondo a me molto noto, ma che avevo accantonato: la povertà fisica, spirituale e materiale delle periferie. Le periferie delle città, del meridione, del mondo. La rovina dei corpi appesi dei frati cappuccini si ripercuote nella marcescenza delle strade adiacenti, ferendo il senso del vivere in modo violento con l’ostentazione della morte e della decomposizione.

Ma per capire davvero Palermo c'è a mio avviso solo uno stratagemma. Andare a messa la domenica mattina, o per lo meno visitare le chiese durante questi riti misterici sopravvissuti nei secoli. Nella Chiesa di San Salvatore in Via Vittorio Emanuele, la Palermo bene che veste abiti di alta moda si lascia abbindolare dalla maestria (apparente) del loquace e pingue prete dagli abiti sfavillanti che sciorina scienza e dottrina da un palco posto ad altezza viso degli astanti, proteso verso le orecchie (e le tasche) dei fedeli (fedeli a chi, a che cosa?). Una platea silenziossissima e gremitissima.
Poco più avanti, nella fastosissima Chiesa di San Giuseppe dei Teatini, un prete dal chiarissimo accento sudamericano, un prete di importazione per sopperire alla terribile e sottaciuta crisi di vocazioni che affligge il decadente clero italiano, recita una messa a pochi sparuti e informalissimi fedeli.
Il prete rockstar, coi capelli lunghi e spettinati, il Che della diocesi alternativa ci è piaciuto molto. E ci ha permesso di capirci meglio in questa esperienza etnografica: Palermo è una città cattolicissima, ma a due dimensioni.

E grazie alla (leggi anche: per disgrazia della) globalizzazione e scomposizione disordinata delle classi sociali, il Grand Tour del terzo millennio con expedia.it oggi costa circa 217 euro (volo (4) e alloggio).



1. Le abbiamo mangiate all’Antica Focacceria S. Francesco. Merita una visita e molte scorpacciate.
Via Alessandro Paternostro, 58 90133 Palermo tel. 091 320264
http://www.sito3d.it/anticafocacceria/

2. Grand Hotel et Des Palmes
Via Roma, 398 90139 Palermo, Italy
TEL. +39 091 60 28 111

3. "Parsifal è l'ultimo dramma di Richard Wagner, andato in scena il 26 luglio 1882 a Bayreuth, ma rappresentato per la prima volta nei teatri europei solo a partire dal 1914. Dopo una gestazione lunga alcuni decenni, l'opera fu composta tra il 1877 e il 1882." Da Wikipedia.

4. Evitate la compagnia Blu-express come fosse la peste bubbonica o la spagnola dell’800. Sono il peggio, del peggio, del peggio. Il loro slogan non dovrebbe essere “Pay less. Fly blu”, bensì “Pay less. Fly in a blu”!

martedì 12 aprile 2011

Pregiudizi, una palestra e hasta la victoria (de Berluska) siempre

Tutti abbiamo pregiudizi. Ce li ho anche io che ho educato me stesso rigorosamente e scientificamente a riconoscerli e stanarli.
Per combattere i pregiudizi, mi è stato insegnato sin da subito a entrare in contatto con quelle realtà verso le quali nutriamo un pregiudizio, sperimentarle in prima persona e tentare a rielaborare le nostre pulsioni trasformandole in "giudizi".
Ma che cos'è un pregiudizio? L'etimologia dal latino prae, "prima" e iudicium, "giudizio" è chiara e può forse aiutare. Sono posizioni di favore o sfavore rispetto a un determinato gruppo o comportamento che non sono fondate sull'esperienza diretta e/o fisica con quella determinata circostanza.
E' un pregiudizio pensare che i giapponesi siano un popolo ordinato, preciso e in perfetta sintonia con la legalità. In Giappone esistono gang mafiose (che seppure con connotazioni totalmente differenti dalle nostre) potentissime che controllano ancora oggi cospicue fette d'economia del Paese del Sol Levante.
Ho volutamente fatto riferimento a un pregiudizio positivo per tentare di approdare al mio pre-giudizio negativo che ora diventa un severo "giudizio" fortemente negativo.
Ho da sempre creduto che quelli che decidono di trascorrere il proprio tempo in palestra a gonfiarsi i muscoli, come priorità precipua della propria esistenza nel proprio tempo libero, fossero persone intellettualmente povere e prive di spirito critico. Senza generalizzare, ma nella massima ho sempre creduto fosse così. Da qui il mio pregiudizio nell'approccio nei confronti di chi va in palestra e nel mio essermi rifiutato di frequentare questi posti.
Eppure lo sport è una pratica salutare, persino importante per il benessere psicofisico... mi son sempre detto. Esperienze di vita mi hanno posto a dovere fare i conti con questo pre-giudizio...

Mi sono detto... ok, metti alla prova te stesso. Sperimentati fisicamente, vai in prima persona, frequenta un palestra, dopo e solo dopo esprimi il tuo pensiero.
L'ho fatto.

E il mio giudizio rimane, anzi, si consolida come fortemente negativo. La massima parte di queste persone che hanno come priorità assoluta dopo una giornata di lavoro o di studio, quella di andarsi a gonfiare i muscoli in palestra è gente con cui non ho niente da spartire e condividere. Me ne devo fare una ragione.
Per non parlare del sessismo e del genderismo specista più becero di cui questi luoghi sono latori:
"Nella sala fitness i MASCHI non ci vanno...". E' vero, li vedi sbuffare sudore e fiatone puzzolente dietro a qualche chilo di ferro che fa su e giù. Non si mischiano con le FEMMINE che si fanno guidare dagli istruttori... per carità.
Poi, fate un esercizio, vi sfido a trovare UNO e solo UNO degli attrezzi in cui la figura che spiega quali sono i muscoli che vengono sollecitati o il funzionamento sia il profilo stilizzato di una donna... tutti MASCHI e con i muscoli ben gonfi...

Or dunque, ho maturato sufficienti elementi di analisi. Ma oramai ho pagato. Non mi va di aver buttato dei soldi per non usufruire di un servizio. Continuerò ad andarci nel bene e nel male, finché abbonamento non scada.
Però ho una consapevolezza in più e una certezza ulteriore: non devo più farmi domande sul perché una persona come il nostro premier abbia governato questo paese da 2 soldi per vent'anni. Specchio del popolino affamato o con la panza piena, colto o ignorante e intriso di specismo e genderismo non può che rispecchiarsi in quell'emblema.
Non mi resta che attendere il suo soccombere. Non posso pretendere di vedere con i miei occhi questo cambiamento radicale dei costumi del popolino italico, morirò molto prima.

Ricordo ancora dei bellissimi momenti, quando lavoravo e studiavo ed ero molto stanco alla fine della giornata. Per tornare a casa decidevo per una passeggiata giù per Colle Oppio a vedere il tramonto sui Fori Imperiali.
Non mi riesce di immaginare che la priorità di una persona intelligente possa essere quella di recarsi in questi posti fetenti a gonfiarsi i muscoli.
Tornerò a dilettarmi con le mie passeggiate e a studiare i dettagli di ogni capitello dei fori, per ricordare che una volta, tanto tempo fa, questo è stato un paese glorioso.

domenica 13 marzo 2011

Oggi non è ieri

La scena emblematica della mia vita di adesso. Paesano emancipatosi innaturalmente alla vita cittadina.
Sono sul treno che da Termini va verso l'aeroporto; nelle ultime due settimane ho fatto avanti e indietro due volte da Bruxelles. C'è un punto in cui il treno, dirigendosi verso la stazione Tuscolana, incrocia Porta Maggiore. Spesso da lì capita di poter intravedere fermo sui binari il trenino della Roma-Giardinetti. Eccomi, dipinto da un'istantanea. Sono quello che va avanti e indietro dall'aeroporto, ma anche quello che prende il trenino che porta gli immigrati e i poveracci dalle periferie verso il centro e viceversa.

Con questa mia duplice vita mi scontro quotidianamente. Con questa doppiezza mi devo confrontare in ogni momento. E ci sono dei momenti in cui il confronto diventa davvero aspro. La visita di un genitore in questi giorni è stato un momento particolarmente pesante a questo riguardo.
Più passa il tempo e sparisce l'entusiasmo dell'essere giovani e forti, più mi chiedo se sia davvero valsa la pena fare tutti i sacrifici fatti e pagare i prezzi enormi per ottenere questa vita di oggi...
Più me lo chiedo, più i dubbi aumentano. Come il dolore nel vedere una ruga in più sul viso di una delle persone più amate e renderti conto che mentre il tempo passa, tu sei stato strappato alla quotidianità di un affetto in modo crudele e innaturale.
Per essere quello che sono oggi.

sabato 29 gennaio 2011

Le parche


Quando per la prima volta, tanti anni fa, mi sono imbattuto nella storia di questi personaggi mitologici, mi ricordo di essermi soffermato a lungo a immaginare coem effettivamente fossero queste signore.
Parca, Nona e Decima sono raffigurate come delle tessitrici scorbutiche nella maggior parte dei casi. La prima fila il tessuto della vita, la seconda ne decide il destino e la terza ne decreta la fine, taglianto i fili con delle grosse forbici.
Erano così potenti che nemmeno gli dèi potevano intervenire sul loro operato.
Erano insomma una sorta di Corte Costituzionale dei tempi moderni.

La mia passione per le fate discende comunque dalle semplicissime domande che ognuno di noi si pone rispetto al destino, al caso.
Non ho mai avuto una aprticolare passione nei confronti del destino, non ho mai creduto in qualcosa di predeterminato, perché penso che la vita sia costituita da un numero così elevato di coincidenze ed eventi concatenati che sia piuttosto il caso a decidere di quello che saremo e di ciò che sarà di noi.

In alcuni casi questo caso - e qui immagino la seconda parca che sogghigna - è particolarmente accanito e maligno; sembra operare esclusivamente per distruggere le pochi basi consolidate che sono riuscito a costruirmi.

Un avvertimento a me stesso: questa volta sono determinato a prendere io il posto della seconda parca e determinare almeno in parte ciò che dovrà accadere.