mercoledì 28 ottobre 2009

La casa vuota, sensazioni di un tempo che fu


Immagina di tornare a casa e non trovarci assolutamente niente dentro. Solo le pareti e nient’altro. Come se dei ladri avessero avuto modo di portarsi via davvero tutto, dalla prima all’ultima cosa.
Immagina cosa proveresti, oltre al senso di smarrimento iniziale. Ricordi faticosamente custoditi e riposti in ogni punto scomparsi nel nulla. Il vuoto di qualche parete bianca e null’altro.
Con il viso verso la parete, in ginocchio, non farei altro che piangere e piangere e guardarmi attorno smarrito. Rimpiangerei il mio passato, quello che le inutili suppellettili custodivano. Tutto cancellato come un colpo di spugna. Oggi mi sento così.

A volte vorrei davvero addormentarmi sulla tesa della mia giacca, mentre attendo che il treno parta. I minuti interminabili prima della partenza del convoglio si riempiono di un nulla coinvolgente. Poi comincia un movimento da cui vorrei farmi trascinare fino alla deriva, non so fin dove. Vorrei addormentarmi su quel treno e mai più scendere. Farmi trasportare in un luogo che non conosco e pensare a tutto ciò che ho perso lungo la strada.
Pensando a quelle pareti e al vuoto della mia casa, ormai spoglia di ogni cosa, che come un albero d’inverno, inerme, si mostra in tutta la sua fragilità. Alle ombre proiettate dalle finestre mi abbandono, mi trascinano in luoghi sconosciuti, le vedo, ma non si toccano. Eppure ci sono.

sabato 17 ottobre 2009

Quando si avrebbe troppo da dire

Quando si avrebbe troppo da dire, si finisce per il non dire nulla. Capita anche questo.
O per lo meno è quello che mi sta capitando in questo periodo. Ci sono così tanti eventi che hanno lasciato tracce profonde in questi giorni.

Da sempre ho immaginato come potrebbe essere la mia vita. Una domenica mattina per le strade del mio quartiere. Mi avvio per andare in bicicletta verso Piazza Vittorio. L'aria, limpida come perle di vetro, cade giù dal cielo e mi travolge nella sua luminosità. Sento che si sta avverando un sogno. Una di quelle fantasie che immagini, quando pensi a come vorresti la tua vita. Ed eccola che si avvera.
Non ci sono macchine in giro. E' presto, la città ancora dorme, il silenzio avvolge i rumori ovattati e delle campane rintoccano in lontananza. Le vibrazioni mi giungono come richiami alla quiete. Alla pace.
Pedalo sulla mia bicicletta e sento che davvero questo è un momento della mia vita che non dimenticherò.

2004. Sono affacciato su una finestra a Via Carlo Alberto, in un appartamento dove rimangono imprigionati gli anni più belli della mia vita. Anni giocondi, pieni, spensierati, intensi. Dalla finestrella osservo la strada e guardo Santa Maria Maggiore circondata dal solito andirivieni di turisti, di mille volti colorati, dal sole di un'estate che sta per arrivare. Affacciato da quella finestra, vedo vite che si lasciano trasportare negli autobus urbani, che attendono alle fermate che i mezzi arrivino. Penso: "Un giorno uscirò dal portone del mio appartamento, con la mia bicicletta, pedalerò per le strade della cità verso non so dove. Sentirò di avere un mio quartiere, una mia vita che si sta formando. Pedalerò spensierato, sotto la luce del sole e mi sentirò a casa."


Questa domenica mattina il fantasticare è diventato improvvisamente, inaspettatamente una fervida, felice, bella realtà. Sto pedalando per le strade del quartiere, sono uscito dalla porta di casa mia con la bicicletta in mano, sto andando verso Piazza Vittorio. Mi sento felice. Davvero.

Grazie ancora di avermi regalato non un semplice oggetto, ma un mezzo piccolo, forse insignificante all'apparenza, uno strumento che mi porta verso un pezzettino di felicità. Grazie A. Fa. Fe. Y., ancora una volta un pezzettino della mia vita si avvera nella sua gioia con voi, grazie a voi, insieme a voi.