giovedì 9 aprile 2015

L'equatore



Non c'è niente di più brutto del dare per scontate le cose. Soprattutto le più semplici. 
Sentire i brividi addosso per il semplice fatto di percepirsi negli anni 70 nel bel mezzo del 2015. In Ecuador. O per lo meno così mi sembra. Io gli anni 70 in Italia non lo ho vissuti. Me li hanno raccontati; al massimo li ho percepiti. Ma niente di più. 
Poi ti si materializzano sotto gli occhi. Mentre fai la guerra al fuso orario. E non solo a quello. 
Fai la guerra contro te stesso. Ti chiedi che cosa ci fai qui; e quando dici qui, non ti riferisci a Quito o all'Ecuador. Ti riferisci a qui sulla terra. 
Per dolorosa o meno che sia l'esperienza del viaggio e della lontananza, una cosa mi ha inciso sulla pelle senza dubbio. Che viaggiare per cercare se stessi o la chimera della gioia/felicità/serenità è nient'altro che una emerita balla.
Se la cosiddetta gioia non riesci a trovarla nella stradina del tuo quartiere, non la troverai né ai tropici, né nella metropoli affollata, né nel bel mezzo delle Ande. Gelide, ti rimarranno a guardare e tu impotente al massimo verserà qualche inutile e amara lacrima.
Non fate altro che dirmi di godermi la vita e di prendere tutto alla leggera. ‎Lo farei volentieri. Prima però temo di dover morire un'altra volta.


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