Non c'è niente di più brutto del dare per scontate le cose.
Soprattutto le più semplici.
Sentire i brividi addosso per il semplice fatto di
percepirsi negli anni 70 nel bel mezzo del 2015. In Ecuador. O per lo
meno così mi sembra. Io gli anni 70
in Italia non lo ho vissuti. Me li hanno raccontati; al
massimo li ho percepiti. Ma niente di più.
Poi ti si materializzano sotto gli occhi. Mentre fai la
guerra al fuso orario. E non solo a quello.
Fai la guerra contro te stesso. Ti chiedi che cosa ci fai
qui; e quando dici qui, non ti riferisci a Quito o all'Ecuador. Ti riferisci a
qui sulla terra.
Per dolorosa o meno che sia l'esperienza del viaggio e della
lontananza, una cosa mi ha inciso sulla pelle senza dubbio. Che viaggiare per
cercare se stessi o la chimera della gioia/felicità/serenità è nient'altro che
una emerita balla.
Se la cosiddetta gioia non riesci a trovarla nella stradina
del tuo quartiere, non la troverai né ai tropici, né nella metropoli affollata,
né nel bel mezzo delle Ande. Gelide, ti rimarranno a guardare e tu
impotente al massimo verserà qualche inutile e amara lacrima.
Non fate altro che dirmi di godermi la vita e di prendere
tutto alla leggera. Lo farei volentieri. Prima però temo di dover morire
un'altra volta.
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