lunedì 14 dicembre 2009

Questa città dei cavoletti... 2


Ho inviato un sms e ho spento il telefono molto prima che fosse necessario. Volevo riaccendere il telefono una volta arrivato a destinazione e ricevere la risposta.
Ma non sempre le cose vanno come vorresti.
L’ultima volta che sono stato qui a Bruxelles e ho un scritto un post sulla mia visita qua è stato parecchio tempo fa. Altri tempi, meno male passati.
Qui è decisamente Natale, questa festa del cavolo che sta per arrivare. Non c’è periodo dell’anno che io odi di più. Odio queste festività dal profondo del mio cuore. Sembrano fatte apposta per fare sentire solo chi non ha nessuno, triste chi è lontano dalla famiglia, addolorato chi ha perso un proprio caro e non ce l’ha più accanto al fottuttissimo albero di Natale, avvilito chi fa i conti con il finire dell’anno e si rende conto di avere sparso al vento affetto, amore, tempi e spazi preziosi che nessuno ti ridarà più.
Questa città dei cavoletti è tutta illuminata e la gente impazzisce attorno ai mercatini di golosità varie allestiti attorno a quella che una volta era la Borsa di questo Paese e oggi è un ritrovo per giovani, spacciatori e venditori ambulanti di caramelline di ogni colore.
Nonostante ciò un brivido di gioia percorre il mio corpo. Nonostante Natale si avvicini e queste sensazioni si annidino nei meandri del mio corpo, una sensazione di felicità scorre nel mio sangue. E’ qualcosa che senti dalla punta dei piedi salire verso su, fermarsi allo stomaco e non lasciarti. Non mi fa dormire, ma questa non è una novità. Da sei mesi a questa parte il mio sonno non dura mai più di quattro o cinque ore per notte.
Eppure ieri, dopo una cena sociale con i partecipanti alla conferenza in un ristorante Etiope, qualcosa è successo. Ho infilato la chiave magnetica nella toppa della stanza, sono entrato e ho guardato fuori dalla finestra. Un fascio di luci si rincorrevano nel cielo – anche questo fa parte delle ghirlande natalizie locali – facendo giochi particolari sulle nubi, che qua non mancano mai, come la cioccolata.
Frugo nella giacca che avevo lasciato in stanza. Ci ritrovo il cellulare. Nella spensieratezza non mi ero nemmeno accorto di averlo mollato là dentro e non ne ho sentito nemmeno la mancanza. Vedo che c’è un sms: “Call me by your name: or by mine. Anzi, non chiamarmi. Le parole sono vuote, i tuoi occhi che adesso leggono queste lettere no. Baci.”
Panico. Freddo gelido dalla punta dei piedi in su. Fuori ci sono -2 gradi, ma io sono dentro, no?
Voglio dimenticare tutto, o ricordare ogni minimo particolare.
PS Manco a dirlo, non ho visto nemmeno l’ombra di un cavoletto neanche questa volta. La prossima volta me ne porto un po’ da Roma e li faccio rotolare giù per la Grande Place.

1 commento:

  1. non permetterti a fare questa cosa senza di me!!!!!!!! voglio fare rotolare anche io i cavoletti!
    eh sì, i tuoi occhi hanno sempre qualcosa da dire. buone feste....
    g.

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