mercoledì 4 novembre 2009

Stati vari di incoscienza


Volevo che arrivasse l'autunno. E forse ce l'ha fatta.
Attraverso Piazza Vittorio in questi giorni di pioggia e sento foglie cadere sulla mia testa sospinte da folate di vento. Non mi fermo nemmeno. Faccio incontri strani che vorrebbero riportarmi al passato, ma io con la mia musica nelle orecchie procedo verso le mie giornate.
Al mattino sembra che nulla possa fermarmi. I miei nuovi percorsi per arrivare al lavoro mi affascinano quasi. Spesso mi perdo negli sguardi delle persone, nel cattivo odore del vicino sul trenino, nelle letture della signora a fianco a me. E mi perdo per davvero, nel senso che non mi rendo conto del tempo che passa e quando mi sveglio sto già parecchie fermate dopo o sono persino arrivato e devo scendere.
L'altro giorno questa perdita di coscienza è durata più del previsto e sono sceso una fermata dopo la fermata di casa mia. Sono sceso dal mezzo e nonostante la pioggia ho deciso di fare una camminata. Così conosco un po' meglio il quartiere.
Mi sono addentrato in una stradina laterale. Schiamazzi di bambini, un bicchiere che si rompe e un motorino che percorre con una certa irruenza la stradina.
guardo i palazzetti della zona e vedo una signora affacciata al balcone. Ha una faccia decisamente triste. Penso che sia il tempo grigio che rende tutto più malinconico. O forse sono io che vedo tutto malinconico in questo periodo.
E invece no. La signora piange. Vedo delle lacrime scendere giù per il volto e non sono gocce d'acqua. E le lacrime vanno giù sul marmo del davanzale della finestra a confondersi con le gocce d'acqua.
E' qualche sera che le luci nei giardini di piazza Vittorio non si accendono. Quindi attraverso la piazza al buio. C'è un che di affascinante in questo percorso che dura un minuto e mezzo o poco meno. Mi guardo intorno, non riesco a distinguere le facce. Uomini, donne, bianchi, gialli, neri, alti, bassi, grassi e magri diventano tutti uguali. Vorrei spegnere le luci del mondo e lasciarlo al buio per un attimo e cancellare tutte queste odiose differenze fra noi. Mi abbandono ai miei sogni di un minuto e mezzo, al buio della piazza, ai miei vari stati di incoscienza.
Su quella panchina qualche giorno fa parlavo con M. Sulla stessa panchina adesso giace un corpo. Uno dei tanti disperati che affollano queste strade e davanti ai quali persino io mi sono ridotto a passare senza curarmene. O quasi.
L'altro giorno ho visto un ragazzo di colore seduto a terra con le spalle appoggiate contro uno dei lecci del parco. La testa sprofondata fra le ginocchia, sentivo persino i singhiozzi del suo pianto. Mi sono fermato per qualche secondo a guardarlo, sperando che alzasse la testa, per fargli vedere che non era solo che c'era qualcuno a cui importava la sua sofferenza.
Ha continuato a piangere e non ha alzato la testa.
Ho un'altra cazzo di giornata davanti.

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