giovedì 3 settembre 2009

Il bisogno della piazza


Crescendo, mi sono accorto che proprio non posso sopravvivere senza la piazza. E con questo non intendo chiaramente le allegre chiacchierate seduto al tavolo di un bar in piazza con davanti magari un buon bicchiere di vino, ma la necessità impellente di fare gruppo, di aggregarmi per manifestare, per urlare, per rivendicare.
Adesso mi spiego perché sono finito a fare quello che faccio nella vita.
Non posso vivere senza le lacrime che ogni tanto mi scendono quando ascolto qualche bravo oratore che dice proprio quello che vorrei dire io se potessi urlare da sopra un palco.
Non posso vivere senza la frustrazione e la rabbia che mi monta quando la piazzaviene delusa da un comizio troppo smorto o che non coglie il senso della protesta.
Non posso vivere senza che le mie emozioni trovino uno sfogo collettivo, si incontrino con gli occhi, con le voci, con le menti e con i cuori di tutti coloro che condividono una battaglia e con me scendono in piazza.

Si scende in piazza anche per commemorare. Come mi è successo quest'anno il 25 aprile, all'ombra della Piramide Cestia quando qualche partigiano rimasto in vita rievocava il percorso grazie al quale io sono oggi qui cittadino libero. Libero anche per l'appunto di manifestare.
La passione, la commozione, quella spinta forte, propulsiva che ti esce dal petto. La voglia di gridare, di riappropriarti dei tuoi spazi, di rivendicare di potere essere te stesso sempre e comunque, di non farti ricacciare nel buio da niente e da nessuno. E tutto questo non è solo un tuo sentire, ma un sentire collettivo, di chi in quella piazza sta con te.
Mi piace lottare. Chi mi conosce sa che sono un grande lottatore, che non mi fermo mai, che raramente qualcuno riesce a farmi desistere dal resistere e dall'impegnarmi. A volte questo mio aspetto è stato vilipeso. Ma l'hanno fatto persone incapaci persino di lottare per la propria felicità e che col senno di poi mi hanno fatto capire che ancor più prezioso per me, prima che per chiunque altro, è questa mia capacità di resistere e lottare. E io lo farò, come lo sto facendo in questi giorni in ogni ambito della mia vita.
E allora scusate, devo andare! Torno in piazza!

PS Mi segnalano che qualcuno si vanta del fatto di avere mostrato a me che a Roma si può non aver paura e vivere allo scoperto. Io faccio manifestazioni i ogni genere dal 2002 e anche se vengo dalla Calabria e sono piccolo, sporco, ignorante, brutto e cattivo, non ho avuto certo bisogno delle lezioni di emancipazione degli snob viziati romani per vivere la mia vita apertamente e fare quello che ritenevo più opportuno.

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